giovedì 27 dicembre 2007

Paranoid Park

Paranoid Park è un racconto sull'adolescenza. Un racconto sui sentimenti, sugli stati d'animo, sulle insicurezze e sugli atti estremi di un periodo della vita unico e pieno di tumulti interiori. Gus Van Sant sceglie di raccontare la storia di un adoloescente senza alzare la voce, in modo elegante e sobrio ma comunque doloroso. Quando lascia fissa l'inquadratura e lascia parlare la musica e i rumori di fondo è come se fosse un urlo. Usa l'omicidio/incidente come pretesto per raccontare come possa essere "estrema" l'esperienza adoloscenziale, come può essere dolorosa e ricca di decisioni difficili.
Gus Van Sant non esprime giudizi ma è dalla parte degli adolescenti o meglio cerca di dimostrare che anche i loro problemi sono realmente problemi. I loro sentimenti, le loro sofferenze sono importanti tanto quanto quelli degli adulti. Un mondo adulto indifferente e sopratutto estraneo.
Sceglie un forma narrativa frammentata, a puzzle. Immagini sovraesposte e fuori fuoco. Tutto per raccontare un mondo difficile da capire, da focalizzare e da spiegare. La musica domina su tutto, è più importante delle parole.

mercoledì 19 dicembre 2007

A volte ritornano...a suonare nelle mie orecchie

Mi succede spesso di recuperare musica ascoltata moltissimo in passato ma abbandonata in tempi recenti per ascoltare musica nuova alle mie orecchie. L'altro giorno ho caricato nel mio iTunes e poi nel mio iPod 2 cd degli Smashing Pumpkins: Mellon Collie and The Infinite Sadness e Adore. Le due alte vette della produzione del gruppo, almeno secondo me. Gli ultimi acuti di una band che continua a fare musica senza nessun mordente, con poca energia e pochissime nuove idee.
Mellon Collie and The Infinite Sadness è straordinario, una miscela di rock e melodia. Energica e a tratti struggente la voce di Billy Corgan che si sposa sia con le ballads che con le sonorità più acide. Ascoltato un'infinità di volte e comprato usato. Adore è quasi all'opposto ma non del tutto distante da Mellon Collie. E' un album romantico e decadente, ricco di brani bellissimi, non ha l'energia del precedente ma ha delle sonorità nuove ed interessanti, e poi c'è la straordinaria Ava Adore.
Due video su tutti: Ava Adore e Tonigth, Tonight. Due video bellissimi pieni di cinema. Nosferatu in Ava Adore e Georges Méliès in Tonight, Tonight.

TONIGTH, TONIGHT



AVA ADORE

venerdì 14 dicembre 2007

Meglio tardi che mai: "Fino all'ultimo respiro"

Appena ho finito di vedere Fino all'ultimo respiro mi è venuta in mente un'immagine: un bambino che usa la sua mano come una pistola, fa finta di sparare imitando anche il rumore del colpo e alla fine soffia sul dito. A questo mi ha fatto pensare il film di J.L. Godard scritto da Truffaut. Un gioco, un divertimento, un noir leggero. Un ossimoro.
In questo film tutto è nuovo. E' il primo film della Nouvelle Vague. E' il primo film di Godard. Un nuovo modo di fare cinema. Un nuovo modo di fare cinema d'autore.
Il tocco della regia è leggero, è mobile. Il protagonista è ammiccante nei confronti dello spettatore. La storia è trattata come se fosse una commedia, ma in realtà la storia del protagonista è amara. Lo stile leggero mi ha ricordato, forse sarò blasfemo, i film di Jacques Tati.
I dialoghi del film sono un'altra cosa che mi ha colpito. Sembrano frasi buttate lì per caso ma alla fine sono dei veri concentrati di ottima scrittura. Il tutto anche grazie ai protagonisti, la bellissima Jean Seberg (Patrizia) e in particolare a Jean Paul Belmondo (Michel). Un attore che ogni volta che lo vedo recitare mi stupisce. Non appartengo alla sua generazione e quindi per me è sempre una scoperta. Lo trovo straordinario, riesce sempre a riempire lo schermo. Ogni suo gesto, ogni sua smorfia arricchisce la narrazione.

Per chiudere alcune citazioni dal film.

Non so se non sono felice perché non sono libera o se non sono libera perché non sono felice. Patrizia Franchini

Patrizia: Perché sei venuto qui, Michel?
Michel: Io? Perché ho voglia di fare di nuovo l'amore con te.
Patrizia: Non è un buon motivo direi.
Michel: Invece sì, vuol dire che ti amo.

Patrizia: Signor Parvulesco, qual è la sua più grande aspirazione nella vita?
Scrittore Parvulesco: Divenire immortale, e poi... morire.

giovedì 13 dicembre 2007

Un volto nella folla: la donna con le spille

Questa mattina sono arrivato in ufficio con i mezzi pubblici. Non mi capita spesso perché di solito mi muovo con lo scooter ma visto che ho finito la benzina non ho potuto fare altrimenti. Ogni volta che prendo l'autobus ascolto musica con l'ipod e cerco di isolarmi ma lo sguardo si muove tra i mille volti che mi circondano. Sono sempre incuriosito dalle storie che ci possono essere dietro tutte quelle persone. Questa mattina pensavo che prendere i mezzi pubblici può essere un buon modo per ispirarsi nello scrivere, nel disegnare...
Tra le tante persone una in particolare mi ha colpito. Una donna sui 45 anni, non molto alta, capelli corti e acconciati in modo ordinato. Il colore dei capelli lasciava intravedere i capelli bianchi che ancora non dominavano sul nero. La donna non aveva trucco ma solo un leggero tocco di matita nera sotto agli occhi, probabilmente passato distrattamente prima di uscire. Aveva i denti pronunciati in avanti, e un mento piccolo. Quello che più mi ha colpito della donna è che aveva un giubbino nero corto con 4 spille appuntate sul davanti. Le spille erano di diverse dimensioni ma non molto piccole. Le spille rappresentavano tutte un albero di natale, ogni spilla lo raffigurava in modo diverso, un paio più colorate e una paio maggiormente stilizzate.
Non so perché mi ha colpito questo particolare. Non so cosa possa significare. Non capisco perché quella donna ha attirato la mia attenzione al punto di parlarne. Forse qualcosa nel suo sguardo. Non era triste, non era allegra. Era semplicemente viva e forse ben cosciente della sua condizione, qualsiasi essa fosse.

martedì 11 dicembre 2007

Orfano di Alias


Ho cominciato a vedere Alias in attesa di nuove puntate di Lost. Il creatore è lo stesso, J.J. Abrams, quindi ho pensato che ne valeva la pena e così è stato. Il risultato è stato che sono diventato completamente dipendente dalla serie. Ho divorato puntate su puntate e serie su serie. In poco meno di 6 mesi ho finito tutte e 5 le serie.
La serie è veramente coinvolgente ed i motivi secondo me sono molti. Prima di tutto è una spy story con tantissima azione e una protagonista molto affascinante. Quello che lascia senza fiato, però, è che la serie è iperbolica, esagerata, sopra le righe. Non tenta mai di darsi un tono di verosimiglianza, l'unica cosa importante è l'azione, è puro intrattimento, pura fiction. Non è importante dare un significato profondo e reale alle storie, quello che conta è il racconto, il divenire della storia.
Alias ha preso alla lettera la lezione di Hitchock e l'ha adattata alla serie contemporanea. Il maestro del cinema, infatti, costruiva quasi tutti i suoi film su due elementi principali: il MacGuffin e la suspense.
Per spiegare cos'è il MacGuffin Hitchcock nel libro intervista con Truffaut racconta una storiella :
Due viaggiatori si trovano in un treno in Inghilterra. L'uno dice all'altro: «Mi scusi signore, che cos'è quel bizzarro pacchetto che ha messo sul portabagagli? — Beh, è un MacGuffin. — E che cos'è un MacGuffin? — È un marchingegno che serve a catturare i leoni sulle montagne scozzesi. — Ma sulle montagne scozzesi non ci sono leoni! — Allora non esiste neppure il MacGuffin!».
Il MacGuffin è quindi un elemento della storia che non ha nessun significato, nessuna importanza se non quella di far andare avanti la storia. Il MacGuffin è importante perché tiene vivo l'interesse dello spettattore e per favorire l'immedesimazione con l'eroe o eroina. Nel caso di Alias abbiamo tantissimi MacGuffin, come ad esempio tutti i manufatti di Rambaldi che Sidney deve recuperare. La presenza della maggior parte di questi oggetti nella serie è giustificata dal fatto che rendono possibile l'azione. Quello che conta non è il significato degli oggetti ma conta che siamo sempre in ansia per la protagonista.
L'altro elemento puramente hitchockiano della serie è la suspense che è costruita benissimo. Ogni episodio (sopratutto nelle prime 3 stagioni) finisce sul filo, di solito Sidney Bristow è in pericolo (ad esempio appesa da qualche parte oppure sotto il tiro di qualche cattivo di turno). Questa è una caratteristica della serialità ma che qui viene portata all'estremo.
E' chiaro che questa costruzione narrativa a orologeria condita da bei protagonisti, tecnologia avanzata, azione a non finire e combattimenti corpo a corpo rendono la serie godibilissima. E' evidente che dobbiamo abbandonarci alla storia senza farci troppe domande.

mercoledì 5 dicembre 2007

Tra una birra e i Pink Floyd

Ieri sera ero al pub con Giovanni di fronte ad un ottima birra rossa doppio malto. Eravamo come al solito immersi nelle nostre chiacchere surreali...tra il Pranzo è servito, Passepartout e la musica. In sottofondo c'era il concerto Live 8 che veniva proiettato nel disinteresse generale: Mariah Carey, Robbie Williams, Who e tanti altri nomi. Solo quando sono apparsi i Pink Floyd hanno catalizzato l'attenzione di tutto il pub e anche la nostra. La platea del pub era abbastanza eterogenea e mi ha fatto pensare a come i Pink Floyd riescono ancora a suscitare un'interesse trasversale. Tutte le generazioni prima o poi s'innamorano dei Pink Floyd, tutti li cantano prima o poi. Prescindendo da ogni valutazione musicale, riescono a catalizzare sempre l'attenzione, sono senza tempo. Ieri sera ne ho avuto la prova. Quasi tutti avevano voltato la testa verso il concerto proiettato e quasi tutti cantavano, anche solo muovendo le labbra, Money o Wish you were here. E' una riflessione così la mia che mi ha fatto venire di nuovo il desiderio di immergermi nel loro mondo musicale, sopratutto in The Dark Side of Moon, sempre alla ricerca di qualcosa.

giovedì 29 novembre 2007

Francis Bacon...Francesco Bacone

Sono di pessimo umore e volevo qualcosa che rappresentasse il mio stato d'animo. Il primo artista che mi è venuto in mente è stato Francis Bacon, non so perché. Mi è venuto in mente uno dei suoi dipinti (quello che si vede in figura). Cercando info sul pittore ho scoperto un caso di omonimia con il filosofo inglese Francesco Bacone in inglese Francis Bacon. La coincidenza continua perché ho trovato alcune citazioni del filosofo che mi piacciono molto. Le coincidenze nell'era del web 2.0 diventa post. Di seguito le citazioni di Francesco Bacone.

"Alcuni libri devono essere assaggiati, altri trangugiati, e alcuni, rari, masticati e digeriti."

"È meglio non avere alcuna opinione di Dio, che averne una indegna di lui."

"Se un uomo parte con delle certezze finirà con dei dubbi; ma se si accontenta di iniziare con qualche dubbio, arriverà alla fine a qualche certezza."

lunedì 26 novembre 2007

CTRL + ALT + CANC

Ho trovato questa foto navigando nel web.
Il muro è quello che separa Israele dalla Palestina.
Il messaggio direi che non ha bisogno di altre parole.

(Fonte: http://www.lodominelli.com/2007/11/18/filippo-minelli-hits-west-bank-in-palestine)

venerdì 23 novembre 2007

Esperanza Spalding

Ho scoperto Esperanza Spalding sfogliando il programma di Umbria Jazz 2007. Dopo aver ascoltato il suo album Junio mi sono morso le mani per aver perso la sua esibizione live a Perugia e anche a Roma. L'ho scoperta troppo tardi.
Esperanza è una contrabbassista e cantante Jazz nata nel 1984. Pizzica il suo basso in modo dolce e delicato ma deciso. T'incanta con la sua voce che gioca con lo strumento e con le armonie della sua musica. E' una promettente stella del Jazz.
Consiglio di visitare il suo spazio su My Space per ascoltare la sua musica. Navigando su YouTube ho trovato anche un suo video che inserisco in coda al post.

mercoledì 21 novembre 2007

Re-Vision...Shining


Ieri sera ho ri-visto Shining. Ormai ho perso il conto di quante volte ho visto questo film. E' il film di Kubrick che preferisco, semplice e diretto ma ricco di sfumature e di profondità. L'ho visto al cinema in occasione della rassegna dedicata a Kubrick che in questo periodo si sta svolgendo al Palazzo delle Esposizioni a Roma.
Che dire. Il film non perde smalto, ad ogni visione si arricchisce, poi la visione su grande schermo per la prima volta lo rende un'occasione da ricordare. Poi ero con Fra e tutto era ancora più bello, perché condividere con lei uno dei film che preferisco in assoluto è stato importante per me che ho un rapporto passionale con il cinema.
Questa ulteriore visione mi ha permesso ancora una volta di gustarmi i movimenti di macchina di Kubrick, le sue inquadrature ordinate e geometriche. Il labirinto della regia. Questo è quello che mi rimane più impresso di Shining: un film ordinato e geometrico che contiene il caos, la follia, l'irrazionale. Non penso ci fosse un modo migliore di rappresentare tutto questo se non attraverso la struttura del labirinto che è ricorrente in tutto il film.

P.S. Mi sono accorto solo ieri che la macchina schiacciata nell'incidente che incontra il cuoco Halloran nella bufera quando sta andando all'Overlook Hotel è un Maggiolone, come la macchina di Jack Torrance. Sarà un caso?

lunedì 19 novembre 2007

Gotàn...Tango

Gotàn dal lunfardo Tango. Il nome evoca il passato, le sonorità appartengono più che mai al presente. I Gotàn Project appartengono al Tango, a quell'idea di Tango in continua evoluzione. Un genere musicale, un ballo, una cultura che vive nel mondo e si nutre del mondo. Il Tango è nato cosmopolita ed è giusto che si evolva in tal senso.
Ho scoperto la loro musica quando ho cominciato a ballare il tango. Prima non mi ero mai avvicinato a loro, nonostante la loro fama e il loro successo vadano al di là delle milonghe. Solo ora dopo aver ascoltato tanta musica di tango percepisco la loro ricchezza. Vanno avanti ma non tradiscono, sperimentano e omaggiano. Nelle loro canzoni c'è la voce di Buenos Aires, c'è la radio argentina che suona, c'è la voce malinconica e dolente del Bandoneón. Nella loro musica c'è l'eco di Gardel, l'eco del tango più classico, più antico, l'eco di ogni tango. Il sapore della loro musica è però attuale, presente.
Sono diversi i gruppi musicali che suonano Tango elettronico, tutti affascinanti, ma solo i Gotàn Project a mio avviso riescono a creare un ponte tra tutti i tanghi possibili. Solo loro esprimono oggi il tango così come deve essere. Non riserva, ma laboratorio.

lunedì 12 novembre 2007

Fanny e Alexander...le urla nel silenzio

Ho visto Fanny e Alexander di Ingmar Bergman, un film bello e intenso che ti trascina in un mondo sospeso tra realtà, sogno, incubo e magia. Ci vorrebbe un lungo post per descrivere il film e le sue tematiche ma più di tutto mi è rimasta in mente una scena.
Mi succede molto spesso nella visione dei film che delle singole scene provocano in me una forte emozione e mi rimangono impresse nella mente. Scene che non necessariamente racchiudono il senso del film ma che hanno un impatto emotivo spiazzante. Anche in film complessi dove la trama narrativa va scandagliata fino in fondo per trarne il giusto senso, mi rimane sempre un'immagine in testa.
Nel caso di questo film è una scena legata alla morte di uno dei personaggi. Nella notte i due bambini protagonisti vengono svegliati dalle urla di una donna. Un piano straziante che risuona nella casa buia e silenziosa. I bambini si alzano e vedono tra le porte socchiuse di una camera la bara con il corpo del defunto e sempre dallo spiraglio della porta si scorge la madre che lentamente cammina su e giù lungo la stanza di fronte alla bara e piange, urla dal pianto. Sono spiazzanti e angoscianti queste urla. E' angosciante anche il contrasto tra il pianto disperato e la compostezza del corpo della donna che non si contorce dal dolore, ma si muove lentamente.
Il suono delle urla nel silenzio e nel buio costruiscono insieme alle inquadrature semi-illuminate una scena bellissima e dolorosa. Le urla mi hanno ricordato un altro bellissimo film di Bergman, Sussurri e grida. Anche lì c'erano urla di dolore che squarciavano il silenzio e il buio. Ancora ricordo quelle urla e quel film visto tanti anni fa.

martedì 6 novembre 2007

Enzo Biagi

"Qualche volta è scomodo sentirsi fratelli, ma è grave considerarsi figli unici."

"Dopo tre apparizioni in video, qualunque coglione che viene intervistato dice la sua e anche quella degli altri."

Enzo Biagi

sabato 3 novembre 2007

Dentro gli arcobaleni

Non è semplice parlare di un nuovo album dei Radiohead visto che sono un loro ammiratore da sempre. Questo nuovo album è arrivato carico di aspettative soprattuto perché il precedente Hail to the Thief non era un capolavoro ed aveva alti e bassi. Ci si aspetta sempre qualcosa di grande dal gruppo che ha prodotto due album straordinari come Ok Computer e Kid A, due album stranianti e strazianti. Due album che a distanza di anni non mi annoiano mai nell'ascolto e ci ritrovo ogni volta mille sfumature di emozioni.
In rainbows ha un compito difficile. Dico subito che secondo me non riesce sicuramente ad eguagliare i due album citati, ma riesce probabilmente nell'intento di superare per piacere nell'ascolto il precedente Hail to the Thief. L'album secondo me nasce nel segno della doppiezza, da diversi punti di vista, fin dal titolo al plurale. Coniuga la parte Pop del gruppo con le loro derive elettroniche. Ogni brano è composto da due parti diverse e a volte contrastanti tra loro, "suona" in modo diverso nella prima e nella seconda parte. Questo è quello che emerge dall'ascolto. Un album dove la voce di Thom Yorke è più piegata al suono, alla musica suonata dal gruppo, in un certo senso è un ritorno all'antico.
I numerosi ascolti dell'album fanno scoprire le canzoni. A differenza di Kid A la tracklist è più frammentata, meno concept album. Le canzoni sono godibili e si apprezzano le loro qualità ad ogni ascolto. Chiaramente non tutti i brani sono belli, ce n'è anche uno abbastanza brutto (Faust Arp), ma solo il tempo e gli ascolti potranno decretare la qualità di queste canzoni.
L'album non è un capolavoro, non è il migliore dei Radiohead, non sorprende come aveva fatto Kid A. E' un album godibile e alcuni canzoni sono belle ed emozionanti. Niente di travolgente ma sicuramente un bell'album che guadagna punti negli ascolti. Un album dove i Radiohead si riconoscono ma dove non si scopre nulla di nuovo.

mercoledì 31 ottobre 2007

A Love Supreme

Ascolto la musica di pancia, non ho gli strumenti per giudicarla da un punto di vista teorico-musicale. Non ho mai suonato uno strumento, quindi la musica mi deve rapire, anche se gradualmente mi deve portare all'emozione. Con John Coltrane è stato amore al primo ascolto. L'ho sentito di pancia, ho sentito subito le vibrazioni della sua musica. Con i numerosi ascolti è arrivato anche alla testa. Lui ha portato nel mio ascolto di musica brividi ed emozioni. Quando ascolti un album come A Love Supreme e ti ritrovi gli occhi lucidi la sensazione è straordinaria, non ti rendi conto di quanto la musica ti entra nel sangue.
Lui è stato la mia chiave per il Jazz. Prima c'è stato John Coltrane e poi è venuto tutto il resto: Davis, Monk, Coleman, Jarrett, il non ancora digerito Bill Evans e tanti altri. Per chi come me il jazz lo apprende dall'ascolto, il godimento non finisce mai, ogni ascolto è novità, è stupore. Non c'è mai ripetizione.

"Per un certo periodo sono stato il figlio che ascoltava la musica per cercare di capire il padre. Poi sono diventato un musicista che ascoltava John Coltrane per capire la musica". Ravi Coltrane

domenica 28 ottobre 2007

Il silezio, l'amore e...Kim Ki-duk

Non riesce ad essere tradotto in parole l'amore raccontato da Kim Ki-duk. Nelle sue storie c'è un amore struggente, lacerante, impossibile da comunicare. Un sentimento che crea dipendenza senza nessuna apparente logica. Forse l'espressione più calzante dell'amore. Non riescono le parole ad evocare il sentimento, a stento ci riescono gli sguardi. Sono amori sospesi tra il malessere, la violenza e la poesia. C'è il sesso, venduto, violento, poetico. Amori che vivono in un mondo a cui non appartengono. Amori interiori. Non sono amori impossibili ma si realizzano contro ogni impossibilità. La crudeltà si piega all'amore però non sparisce del tutto ma viene inghiottita dalle trame degli amori raccontati.
Ogni volta che ho finito di vedere un film di Kim Ki-duk sono sempre rimasto qualche minuto a pensare, a cercare di comprendere il perché. Non c'è molto da capire probabilmente in questi racconti non sempre accessibili. C'è il silenzio che ci deve accompagnare. Sono le immagini che parlano direttamente al cuore, allo stomaco, alla mente, ma è soprattutto qualcosa nel non detto che emoziona. L'assenza di parole in questi racconti di amori ci zittisce, non ci permette di giudicare. Sono storie che non vogliono essere giudicate.

"Per questo faccio film: tentare di comprendere l’incomprensibile"
Kim Ki-duk

mercoledì 24 ottobre 2007

Io smetto così

Da poco tempo partecipo ad una community basata sul passaparola chiamata Zzub Sono curioso di sapere quello che succede in rete e quindi mi sono iscritto. Non la faccio lunga cone le spiegazioni basta visitare il sito per capire.
Su questa community è attiva una campagna contro il fumo "Io smetto così". Mi sembra una cosa interessante anche perché non sono per niente un'amante del fumo, anzi non ho mai provato una sigaretta. Non mi piace neanche essere un moralista, ognuno fa quello che vuole ma ci sono tanti validi e importanti motivi per smettere di fumare penso che tutti li conoscano ma ci sono anche quelli futili che non sono trascurabili. Me ne vengono i mente in particolare due:

1) Perché uscire dai locali d'inverno, con le giacche le sciarpe per tirare due boccate e poi avere l'alito e le dita che sanno di fumo, anche se dopo si mangia una gomma.

2) Perché spendere così tanti soldi? Facciamoci due conti un pacchetto costa 5€ in media. Se consideriamo che chi fuma ne compra 6/7 a settimana (cioè uno al giorno) abbiamo una spesa mensile di circa 140€. Bè un risparmo di questo genere al mese non mi sembra male. Poi bisogna considerare che quasi sempre chi fuma fa un consumo maggiore di gomme da masticare per coprire l'alito che sa di fumo, quindi forse dobbiamo aggiungere anche questo costo.
Vabbè ognuno fa quello che vuole. Però poi si becca anche le prediche contro il fumo.

martedì 23 ottobre 2007

Edward Hopper

Se potessi esprimerlo con le parole non ci sarebbe nessuna ragione per dipingerlo.

giovedì 18 ottobre 2007

28 settimane dopo: quando la suspense torna al cinema

Dai un'occhiata alla programmazione dei film e ti rendi conto che in fondo non c'è molto da vedere. Se poi cerchi intrattenimento al cinema la cerchia si restringe. Però hai deciso che vuoi andare al cinema e ti ritrovi in sala a vedere 28 settimane dopo, il sequel di 28 giorni dopo, il film horror-apocalittico di Danny Boyle (quello di Trainspotting per intenderci).
Dopotutto ti aspetti la solita storia ma quello che stupisce fin dai primi minuti del film è la regia. Il regista è il semi-esordiente Juan Carlos Fresnadillo che sotto l'ala protettrice di Danny Boyle (che ha girato i primi straordinari minuti del film) riesce a costruire un film con molto ritmo e avvincente. Dopotutto ci si aspetta questo da un film, che sappia raccontare con le immagini, con i movimenti di macchina e la scelta delle inquadrature una storia ma soprattutto che sappia trasmettere emozioni. In questo caso tutto funziona bene, sopratutto la tensione della storia e la costruzione della suspense. Hitchcock ha fondato una carriera sulla suspense ma sembra che al cinema nessuno sappia più cosa sia. Soprattutto nell'horror si gioca quasi sempre sull'effetto sorpresa (molto più semplice da ottenere) mentre a mio parere la suspense è essenziale per spaventare, per comunicare ansia nello spettatore. Quando c'è suspense ci si aspetta sempre che debba accadere qualcosa, ma non si sa come, quando e perchè. Nel film in questione, poi, la Londra deserta aiuta molto in questa operazione.
Certo la storia di 28 settimane dopo non potrà mai vincere il premio dell'originalità e alcuni passaggi del racconto sono un po' "tirati per i capelli" ma il film è godibile e ben fatto. Purtroppo di questi tempi è merce rara vedere film di puro intrattenimento che siano ben fatti. Le sale sono piene di brutte storie raccontate male, con soluzioni banali e senza un minimo di mestiere. Io non sono un esperto nè un tecnico del cinema ma a mio avviso quando un film è ben costruito si vede, perché riesci a godertelo fino in fondo, dimenticandoti del resto, anche dei buchi nella storia. La maggior parte delle volte, soprattutto nel cinema di genere, le storie originali non sono necessarie ma è necessario saperle raccontare con le immagini.

lunedì 15 ottobre 2007

Kubrick raccontato al Palazzo delle esposizioni


La mostra su Stanley Kubrick al Palazzo delle Esposizioni è un racconto. E' una biografia artistica e non una storia personale. Non si racconta l'uomo ma l'autore di film. L'uomo emerge dalla sua arte, dai documenti che testimoniano il processo di lavorazione delle sue opere. Si racconta Kubrick anche attraverso le foto del suo primo periodo di fotografo di Look.
Il racconto cronologico ti porta a scoprire tutti i suoi film e la storia della loro produzione. L'allestimento mira ad un'immersione nei mondi creati da Kubrick, attraverso musica, immagini, oggetti di scena e riproduzioni di ambientazioni dei film, come la stanza dove "muore" Hal 9000 in 2001 oppure la savana dell'alba dell'uomo sempre in 2001.
Ci sono fotografie di scena, foto promozionali, locandine, interviste ai protagonisti, oggetti di scena. Tutto diventa testimonianza. Ci sono le prove della sua estrema attenzione per i dettagli, dei suoi "maniacali" preparitivi per la produzione dei film. Tra questi c'è nella sezione dedicata a Napoleone (uno dei suoi progetti mai realizzati) lo schedario con tutti i dettagli sulla vita di Napoleone, con personaggi incontrati, fatti avvenuti. Un lavoro di ordinamento allucinante. Un lavoro meticoloso nonostante, come viene detto nel catalogo della mostra da sua moglie, Kubrick non era ordinato, viveva nel caos delle sue carte. Aveva un suo ordine.
La parte della mostra che ho preferito è stata la corrispondenza, gli appunti sulle sceneggiature, gli appunti sui possibili titoli per il Dottor Stranamore. Ho letto tutte le lettere, ed è fantastico leggere le parole dei protagonisti, il loro modo di esprimersi senza intermediazioni. Si può leggere la corrispondenza con Nabokov in occasione della stesura della sceneggiatura di Lolita. Ci sono le lettere di protesta contro Lolita delle associazioni cattoliche che consigliano a Kubrick di abbandonare il progetto del film perché contro la morale della società e poi, dopo l'uscita del film, lo attaccano ferocemente. Ho letto alcune delle lettere originali di spettatori sconvolti dalla visione di Arancia Meccanica: uno spettatore sconvolto perché c'era troppa violenza e poco sesso, mentre un altro affermava di non voler vedere più film perché era rimasto disgustato. Leggendo i documenti si scopre che Saul Bass ha scritto una lettera di complimenti a Kubrick per 2001 e che ha collaborato con delle idee per i titoli di testa di Shining. Si scopre che Audrey Hepburn ha rifiutato la parte di Giuseppina in Napoleone.
La mostra è anche un'occasione per illustrare tecnicamente il lavoro di Kubrick, come nella sezione dedicata a 2001 dove c'è una dimostrazione pratica di uno degli effetti speciali realizzati per il film: la proiezione frontale. Ci sono gli obiettivi usati per i suoi film, le sue macchine da presa. Ci sono i test sull'illuminazione di Barry Lyndon con gli appunti sulle foto dove sono indicati i diversi diaframmi e tempi di esposizione provati. C'è una proiezione interamente dedicata all'utilizzo della musica nei film di Kubrick.
Potrei scrivere per ore su questa mostra. Per chi lo ama è come un luna park, un parco a tema e non se ne vorrebbe mai uscire. Per chi non lo conosce o lo conosce poco, la curiosità viene decisamente stimolata.

giovedì 11 ottobre 2007

Exit Music (For A Film).

Wake... from your sleep
The drying of your tears
Today we escape, we escape

Pack... and get dressed
Before your father hears us
Before all hell breaks loose

Breathe, keep breathing
Don't lose your nerve
Breathe, keep breathing
I can't do this alone

Sing... us a song
A song to keep us warm
There's such a chill, such a chill

You can laugh
A spineless laugh
We hope your rules and wisdom choke you
Now we are one in everlasting peace

We hope that you choke, that you choke
We hope that you choke, that you choke
We hope that you choke, that you choke

(da Ok Computer dei Radiohead)

venerdì 5 ottobre 2007

Little Britain


Ho scoperto la divertente serie comica Little Britain per caso. Purtroppo l'ho scoperta troppo tardi perché la serie sta finendo. Certo non parliamo di comicità raffinata ed elegante ma di una serie di sketch, una galleria di personaggi surreali e sopra le righe, una galleria di mostri dei nostri giorni in salsa british. Per fortuna le puntate sono in inglese con sottotitoli in italiano, così si può apprezzare la recitazione dei diversi attori.
La puntata è strutturata come un racconto, un documentario. Una voce narrante racconta le vicende di una serie di improbabili personaggi che dovrebbero rappresentare la popolazione inglese. Ci sono tantissimi personaggi. Me ne ricordo alcuni. Una tutor di un corso per dimagrire, più grassa di tutti i suoi allievi. Un giovane ragazzo innamorato della nonna di un suo amico (sì sì della nonna). Un attore fallito che tiene la sorella morta (ex attrice famosa) chiusa nella stanza per prendere tutta l'assistenza sociale. L'amante gay del primo ministro inglese che gli fa continuamente scenate di gelosia senza che il primo ministro ci capisca nulla. Poi ci sono i due personaggi secondo me più divertenti: una coppia di fratelli di cui uno sulla sedia a rotelle. La particolarità è che il fratello sulla sedia a rotelle cammina ma sfrutta il fratello per farsi portare in giro.
Comunque sia è difficile descrivere tutte le situazioni, i dialoghi e i personaggi. E' da vedere. Certo non è per tutti i gusti e probabilmente è piaciuta solo a me.

mercoledì 3 ottobre 2007

Grindhouse: Tarantino vs Rodriguez


Ho finalmente visto Planet Terror e posso finalmente tirare le somme di Grindhouse che ha anche un bellissimo sito. Purtroppo in Italia abbiamo potuto vedere Death Proof e Planet Terror separati, nonostante fossero stati pensati come due film da proiettare insieme ispirandosi alle proiezioni di b-movie negli anni settanta. Una scelta commerciale dovuta allo scarso successo ottenuto negli USA. Da spettatore obiettivo è anche comprensibile, non è facile digerire i due film insieme.
Death Proof è un film di Tarantino, è il suo modo di divertirsi. E' logorroico, pieno di belle ragazze, esagerato, ben girato e ricco di citazioni anche ai suoi stessi film (geniale la suoneria di una delle protagoniste con la colonna sonora di Kill Bill, il fischio diventato un vero tormentone). Lo stile è il suo: iperbolico ma d'autore. Punta molto sulla forma, nonostante la pellicola sgranata c'è una particolare cura dell'aspetto visivo.
Planet Terror di Rodriguez è un horror a tutti gli effetti che deve più a Carpenter (ringraziato anche nei titoli di coda) che a Romero e ai suoi morti viventi. E' esagerato, splatter, adolescenziale. Ricco di citazioni dello stile e del linguaggio dei b-movie e sopratutto dei film sugli zombie. E' un film folle, volutamente demenziale. E' esibizionista e divertito. E' difficile descrivere il film, è un'esperienza esplosiva, senza mezzi termini e troppi intellettualismi. Ci sono solo nuovi aggettivi da trovare. Il film parla indirettamente anche della guerre di Bush, infatti Bruce Willis nel film è un militare declassato perché colpevole di aver ucciso Bin Laden.
I due film sono pensati insieme e si citano a vicenda, ma si gustano anche separatamente. Probabilmente preferisco Planet Terror, perché è più fedele a Rodriguez mentre per Tarantino Death Proof è sicuramente un film minore.
Death Proof e Planet Terror sono le facce della stessa medaglia, con differenze di qualità e di stile, nonostante l'apparenza. Dove Tarantino cita e omaggia il cinema, Rodriguez lo omaggia anche attraverso la parodia. Il film di Tarantino è ricco di dialoghi, anche folli. Nel film di Rodriguez i dialoghi sono elementi di raccordo, volutamente privi di profondità, è evidente che vuole puntare tutto sull'azione.
Due citazioni dai film. Per Death Proof: "Zozza mary, pazzo gary". Per Planet Terror una frase frequente di Rose Mcgowan "Talento sprecato n°37" (il numero cambia nel corso del film).

martedì 2 ottobre 2007

Radiohead: download in arrivo


Da un paio di giorni nel web si parla del nuovo album dei Radiohead. In rainbows (così s'intitola) uscirà il 10 ottobre. Il termine "uscirà" in questo caso però non è del tutto appropriato perché i RH hanno scelto la via del download. Ti colleghi al loro sito e puoi scegliere se ordinare il download (decidendo quanto pagare) od ordinare il discbox, un'edizione di prestigio con doppio cd e doppio vinile al costo di 57€.
Come tutti sottolineano la novità principale di questa distribuzione è la possibilità di scaricare l'album (senza case discografiche, itunes, amazon, ecc.) e soprattuto decidere quanto pagare per averlo. Questa scelta è dovuta in parte al fatto che i RH non hanno al momento una casa discografica e in parte al loro spirito anticonformista.
Vediamo come andrà. Sembra che i RH vogliano dare una spallata al sistema delle major discografiche, vogliono finalmente trovare una via alternativa di distribuzione. Tutte cose vere per ora, vedremo se nei fatti e nel tempo la spallata ci sarà e se i RH rimarrano fedeli alle loro scelte. Certo il fatto che venga da una band famosa in tutto il mondo può far sperare.
Aspettiamo che arrivi il 10 ottobre per vedere cosa succede, se l'album sarà disponibile in futuro anche in formato cd nei negozi o altrove. Quello che è certo è che in qualche modo mi procurerò il nuovo e finalmente potrò sapere se i RH avranno fatto di nuovo centro anche con la musica.

giovedì 27 settembre 2007

Dead Air Space

L'ultima volta che la voce di Thome Yorke si è fatta sentire era sulle note di The Eraser, il suo esperimento da solista. La sua voce in questo caso era come sempre straordinaria (per chi lo apprezza) ma l'album è di poco impatto.
Ma i Radiohead dove sono finiti? Sembra che in rete qualche segnale ci sia e come sempre nel loro stile. Sul loro blog Dead Air Space ci sono diversi post che sembrano annunciare in modo enigmatico l'imminente uscita del loro nuovo album o quanto meno la sua preparazione. Alcuni danno delle interpretazioni di questi messsaggi: sounds blog e idioteque.it. Per quanto mi riguarda non capisco molto questi segnali e mi gusto solo le loro follie grafiche.

Non mi resta che aspettare quindi, sperando che non deludano le aspettative. Purtroppo accade spesso, arriva sempre il punto in cui la musica che alcuni producono diventa ripetitiva e mi costringono solo a riascoltare i loro vecchi successi (un esempio su tutti gli Smashing Pumpkins). Penso sia fisiologico. E fino in fondo spero non succeda ai Radiohead e alla forza straniante della loro musica.

mercoledì 26 settembre 2007

Il Cinema in TV

Ieri sera è andato in onda "La meccanica dell'arancia", uno speciale che precedeva la messa in onda del film Arancia Meccanica. Lo speciale secondo me è riuscito a metà con interessanti filmati che io non avevo mai visto (come l'intervista ad Anthony Burgess) e interviste intelligenti (vedi quella ad Achille Bonito Oliva).
Quello di cui vorrei parlare però non è lo speciale in sè ma il tentativo di parlare di cinema in prima serata. Certo in questo caso si parla di un film che non può andare in onda prima delle 22.30, e di una serata evento (come molti amano definirla) che aveva bisogno di riempire un buco e tirare un po' sullo share. Ma secondo me il tutto può essere visto (con un po' di ottimismo) come un tentativo di approfondimento sul cinema.
Le domande che ho in testa sono: perché non si parla più di cinema in televisione, se non a fini promozionali? Perché non riescono a confezionare prime serate o vere seconde serate che approfondiscano il cinema?
Gli unici tentativi sono similari a quelli di ieri sera, che cercano di spiegare film controversi, cercano di preparare il pubblico e in un certo senso permettono alla rete di mettere le mani avanti. Guarda caso è successo anche con un altro film di Kubrick, Eyes Wide Shut, mandato in onda due volte con avvertenze, dibattiti e quant'altro. Questo forse conferma quanto la genialità di questo autore e il suo modo di trattare alcune tematiche siano poco digerite da tutti. Ma di sicuro dimostra come la televisione non sappia più parlare al pubblico, di come non sappia fare un reale approfondimento. In questo caso parlo di cinema ma basta fare un po' di zapping per vedere che è valido un po' per tutto.

martedì 25 settembre 2007

Quando il web 2.0 divora se stesso.

Anche io sono caduto nella rete del web 2.0. Ho aperto un blog, ho attivato un account su flickr, ho una casella di posta dedicata alle newsletter inutili e alle password dei mille account aperti.

E' come una droga, sopratutto se lavori con un pc in ufficio e molte volte il lavoro è alienante. Il web diventa una via fuga, sempre davanti al pc ma da un'altra parte. L'importante è staccare quando si è fuori dall'ufficio, altrimenti sei fritto.
La corsa ad essere presenti sul web, di mostrarsi, di scrivere, di socializzare in alcuni casi crea nel web stesso delle espressioni interessanti di questo fenomeno.

Uno degli esempi in cui sono inciampato per caso è il blog dei blog abbandonati, una vetrina di necrologi del web. Centinaia di blog interrotti, come è normale che prima o poi accada per diversi motivi. Chi apre un blog, infatti, prima o poi:
a) apre un nuovo blog
b) non ha più niente da scrivere
c) eventi di vario genere lo costringono ad abbandonarlo

Dopotutto il blog è forse per sua natura temporaneo, frutto delle passioni del momento. Il frutto effimero di web-individualità sempre in movimento. Bè speriamo che il mio neonato blog non faccia la stessa fine. Ma probabilmente la farà. Vedremo.

L'altro esempio, a metà strada tra la genialità internettiana e la psicosi da web 2.0 è Useless Account dove si può aprire un account inutile. Entri, ti registri e hai un account che non serve a nulla. Il servizio si è esaurisce nell'apertura dell'account. Dopotutto oggi se non hai almeno un account non sei nessuno, quindi perché non crearne di inutili. Trovo Useless Account un modo eccezionale per svelare il meccanismo perverso di una delle dinamiche più diffuse nella rete.

giovedì 20 settembre 2007

I Simpson al cinema


Perché pagare per vedere qualcosa che puoi vedere gratis in televisione?
Il dubbio di Homer all'inizio di The Simpsons Movie è lecito, anche se la visione del film spazza via ogni dubbio perché il film dei Simpson è Cinema.

La struttura narrativa ricalca la struttura degli episodi televisivi, con una storia chiaramente più lunga ma senza allungare il brodo. La storia è molto divertente, non è mai noiosa e ricca di sottotrame, ha un respiro molto cinematografico pur mantenendo un ritmo molto televisivo.

Per quello che riguarda l'animazione e i disegni, il tutto è fatto in grande stile per lo schermo cinematografico. I gialli dei personaggi sono ombreggiati (cosa mai accaduta in TV), gli sfondi sono più ricchi e con colori tenui ma con molte sfumature.

Nel film c’è un eccellente utilizzo dello spazio, la storia si svolge su tutto lo schermo, sfruttando le potenzialità delle dimensioni giganti. La regia del film, a differenza dell’episodio televisivo dà più spazio ai campi medi e lunghi, e alle scene di massa.

Il film come ogni singolo episodio televisivo è ricco di citazioni cinematografiche, di satira e critiche alla società americana, alla sua politica e ai suoi meccanismi. Ma questo dopotutto i Simpson lo fanno da sempre.

È un film per tutti. Per i fan della serie che ritrovano tutto quello che vedono anche in TV. Per gli spettatori dell’ultima ora che trovano una storia ricca di azione, ritmo e piena di battute esilaranti. Per i critici che trovano una commedia di satira.

Chiaramente il sottoscritto è un po' di parte, fan da sempre dei gialli più famosi della televisione e devo dire che vederli sul grande schermo è spettacolare. In questi casi, come al solito, non si sa se sperare in un seguito, c'è sempre il timore di sciupare la qualità di questo episodio.

martedì 18 settembre 2007

Kubrick apre il Palazzo delle Esposizioni


Ho pensato a diversi modi per aprire il mio blog. Il post di apertura di solito è un modo per rompere il ghiaccio o per dichiarare i propri intenti. Non sono però riuscito a scrivere niente del genere e quindi ho deciso di andare al sodo e cominciare a raccontare, raccontare un evento che ha una duplice importanza per me.

Il 6 ottobre riapre il
Palazzo delle Esposizioni. Finalmente. Dopo la sua chiusura eravamo rimasti un po’ orfani, avevamo perso un punto fermo nella proposta di arte a Roma. Ad aumentare la gioia per la riapertura del Palazzo è anche una delle mostre scelte: “Stanley Kubrick”. Una mostra interamente dedicata al mio regista preferito, un autore che riesce a comunicare con le immagini in modo straordinario.

Il mio consiglio è quello di visitare la mostra per ritrovare finalmente il Palazzo delle Esposizioni e per scoprire o approfondire la conoscenza su Kubrick. Dalle premesse la mostra sembra essere molto interessante e permette per di vedere tra le altre cose anche il materiale preparatorio e tecnico proveniente dagli archivi dello Stanley Kubrick Estate, resi accessibili per la prima volta in quest’occasione.

In concomitanza con la mostra è stato realizzato un catalogo, con un’introduzione di Martin Scorsese ed è stata organizzata una retrospettiva cinematografica che si svolge nel Cinema del Palazzo delle Esposizioni.