venerdì 13 gennaio 2012

The Good Wife


Da qualche parte ho letto qualcuno che diceva che le serie tv sono i nuovi romanzi. Forse e' vero o forse no pero' come i buoni romanzi le serie tv posso creare assuefazione - chiedetelo a tutti i fan di Lost - ti fanno entrare nel loro mondo e i personaggi diventano quotidiani quasi amici. Per chi come vede le serie tv, non molte visto il livello medio di cui leggo in giro per il web, la ricerca della serie che t'imprigiona e ti lega al divano e' perenne.
Negli ultimi tempi l'ho trovata in The Good Wife, recuperata colpevolmente in ritardo rispetto alla messa in onda americana e a quella italiana. Siamo ormai giunti alla terza serie e io ho da poco cominciato la seconda dopo aver divorato la prima stagione.
Su Serialmente ci sono delle bellissime recensioni sulle puntate e ho letto in una di esse una cosa verissima: raccontare la trama di questa serie sminuisce decisamente la visione e non rende giustizia alla serie perché The Good Wife e' una grande serie scritta perfettamente con dei personaggi che vivono di vita propria.
La serie in poche parole parla della moglie dell'ex procuratore di Chicago che torna a fare l'avvocato dopo che il marito e' stato mandato in carcere accusato di corruzione. La serie segue le vicende dei diversi casi legali di Alicia (Juliana Margulies), della sua vita di moglie tradita, di madre e segue poi le vicende giudiziarie del marito. C'e' anche un triangolo ma non voglio svelare troppo e tutto e' inserito con cosi' tanta discrezione che non appesantisce la storia.
Personalmente non amo i legal drama pero' questo e' diverso perché le puntate, come invece spesso accade per le serie legal e crime, non seguono un format ripetuto. I casi sono tutti diversi e in diversi ambiti legali e sopratutto molto avvincenti, nella prima stagione onestamente non ho trovato neanche una puntata noiosa o banale. L'altro aspetto interessante poi e' che l'aspetto legale e' presentato da tutti i suoi punti di vista e non solo attraverso il semplice e scontato dibattito in aula. Si mostrano i retroscena, quello che avviene prima e dopo un processo e anche quello che avviene per non arrivare ad un processo.
Dal punto di vista morale la serie e' ricca di personaggi che vivono sul confine tra il bene e il male, agiscono non sempre in modo politicamente corretto e tutti alla fine cedono ai compromessi della carriera e del denaro oppure cedono semplicemente per salvarsi la faccia. Non ci sono ne' santi ne' eroi mentre l'etica e la  moralità sono sempre messe in discussione.
L'altro punto di forza della serie e' che la trama orizzontale e' perfettamente integrata in quella verticale e tutto scorre magnificamente anche grazie ad un cast e a delle sceneggiature di ferro. Nel cast oltre alla bravissima protagonista ce ne sono tanti altri molto bravi e l'investigatrice dello studio, l'ambigua Kalinda, ti tiene incollato allo schermo. In questa serie trovo notevole anche la regia con inquadrature e movimenti di camera scelti con stile, soprattutto quando in campo c'e' Alicia con i suoi magnetici sguardi. 
Non c'e' che dire, quindi, una serie assolutamente da vedere dove gli effetti speciali e i colpi di scena stanno in una sceneggiatura di ferro con dialoghi intelligenti e mai soporiferi. Grande serie e dopo una prima stagione praticamente perfetta spero che la seconda non deluda.
Piccola curiosità' sulla breve sigla. Cambia dalla prima alla seconda serie e sottolinea l'acquisita forza e consapevolezza di se' della protagonista. Per chiudere una piccola nota di colore: secondo me Juliana Margulies porta una parrucca.

lunedì 2 gennaio 2012

Hunger di Steve McQueen

Quando la libertà viene tolta, quando la privazione della dignità umana è all'ordine del giorno l'unica arma di difesa e di offensiva è il proprio corpo. Utilizzare il proprio corpo per lottare e combattere per i propri ideali e per la giustizia.
Hunger il film di Steve McQueen è un film di lotta, un film dove i corpi guerrieri e sconfitti sono i veri protagonisti della storia. Il film narra la storia di Bobby Sands, il rivoluzionario nordirlandese che si è lasciato morire di fame in carcere nel 1981. Ma non ci racconta solo la sua storia ma anche quella di altri uomini che hanno lottato per quella causa e sono morti per essa. Ci racconta il carcere e le sue privazioni, il carcere e la sua dura repressione dei corpi, delle anime e delle persone. I corpi nudi dei prigionieri sono continuamente picchiati e umiliati dai secondini. Le armi di lotta in carcere sono lo sciopero della fame, lo sciopero della pulizia personale, insomma sono lo sciopero del corpo.
Il film ambientato nel periodo thatcheriano è un film duro che colpisce alla stomaco con un regista che alla sua opera prima ci mostra subito i muscoli. Tra le scene di maggior impatto c'è sicuramente il dialogo tra Bobby Sands e il parroco. Una lunga scena con camera fissa che non lascia via di scampo alle parole, un dialogo che è come un combattimento, eppure è l'unico momento del film dove i corpi sono apparentemente a riposo. Un altro aspetto interessante del film è l'utilizzo dei discorsi fuori campo della Thatcher che raccontano la posizione intransigente del governo britannico nei confronti dei prigionieri. In un momento particolare il discorso si va a sovrapporre ad un pavimento che viene lavato, come se le parole pulite e ordinate della Lady di ferro potessero pulire via il lerciume e il sangue delle botte.