martedì 19 giugno 2012

Cosmopolis di David Cronenberg


Ho più volte pensato a come parlare di questo complesso film di Cronenberg e non credo ci sia un modo corretto. Quello che mi rimane sono delle impressioni sparse che sono così in divenire che potrebbe non finire mai.

È difficile prescindere dal libro di DeLillo perché in fondo l'opera del regista canadese è un suo doppio, un suo alter ego visuale. I punti di contatto tra le due opere sono molte e il romanzo completa un film difficile da digerire, un film che va masticato e rimasticato e non può essere bollato semplicemente come logorroico. Del libro ne ho parlato qui.

È un film di lunghi dialoghi e questo è innegabile. Ma questo fiume di parole è coerente in tutto il film.  L'odissea del protagonista a bordo della sua limousine è un'odissea di parole e di dialoghi.  Sembra paradossale ma quest'opera cinematografica mette al centro della scena proprio la parola mettendo in secondo piano le immagini. L'immagine sembra quasi ridotta a semplice scenografia della parola anche se non possiamo parlare di teatralità perché è proprio il montaggio ad essere fondamentale. Una serie di quadri e inquadrature ordinate.

Il film è una serie di personaggi che si susseguono e parlano con Eric che cerca di raggiungere il suo barbiere. Una ricerca e un viaggio che ovviamente vuol dire molto altro sul personaggio stesso e sulla società in cui vive e viviamo. Il film esce in sala dopo gli eventi reali di Occupy Wall Street ma il libro li precede di diversi anni. La storia corre più veloce della produzione di un film.

Gli intensi dialoghi all'interno della limousine si contrappongono a quelli freddi di Eric con la moglie. Una moglie bambola da ostentare solo per status sociale. Dopotutto il matrimonio è un contratto, un affare che Eric non riesce a gestire allo stesso modo perché le pulsioni sessuali prendono il sopravvento. Gli altri personaggi che parlano con il protagonista sono un susseguirsi di tematiche legate all'economia, alla società e al mercato. Mi hanno fatto notare che le età delle persone sono un crescendo.

Cosmopolis sembra che abbia come unico obiettivo quello di alienare lo spettatore così come è alienato Eric. Il mondo di cui si parla tanto, la società civile è all'esterno del racconto. L'ambiente d'azione dei protagonisti quasi sempre chiuso e circoscritto primo tra tutti la limousine che sembra una carro funebre. Non c'è spazio per il mondo esterno. Un semplice elemento di disturbo. Una realtà da vivere passivamente attraverso gli schermo. Una realtà de-materializzata

Un film da vedere e da ascoltare. Un film da amare o da odiare. Un film da digerire. Sicuramente non è il Cronenberg che mi aspettavo. Mi aspettavo un Cronenberg alla eXistenZ o alla Crash e mi ritrovo invece un Cronenberg alla A Dangerous Method. Un Cronenberg maturo? Non saprei ma sicuramente diverso e proiettato sempre dove non te lo aspetti. Per questo è sempre meglio non perderlo mai di vista

lunedì 14 maggio 2012

Dark Shadows di Tim Burton


Lo devo dire sinceramente, ogni volta che esce un nuovo Burton al cinema non posso fare a meno di andare a vederlo. L'unico che ho saltato recentemente è stato Sweeney Todd solo perché "il musical no per favore". Ogni volta che vado al cinema a vedere un film di Burton cerco di perdere ogni pregiudizio. Commenti dalle anteprime, l'ennesima presenza di Johnny Depp, l'ennesima presenza di Helena Bonham Carter e così via. 
Ed ecco che con questo spirito sono andato a vedere Dark Shadows, fiducioso ma con le aspettative ridotte al minimo. Purtroppo l'esito è stato comunque deludente. Il film non mi è piaciuto un granché. Da dove cominciare? Io comincerei dai lati positivi che altrimenti pare brutto sparare a zero da subito.
La confezione generale del film devo dire che funziona. La fotografia è eccezionale e nonostante la regia non sia delle più originali, mi ha soddisfatto. Il vero punto top però sta in alcuni elementi del cast tra cui Michelle Pfeiffer che nonostante il suo ruolo secondario rende benissimo. La vera bomba del film però è Eva Green e non solo per la sua indiscutibile bellezza ma per il suo personaggio forte, ben caratterizzato e interpretato alla grande. Riesce a dare tutta la forza necessaria al personaggio di Angie. Vero punto cardine del film e sicuramente personaggio che rimarrà tra i meglio riusciti del cinema burtoniano. Insomma il prezzo del biglietto lei lo vale tutto. 
Passiamo invece alle note dolenti. Mi dispiace affermarlo pubblicamente ma credo che Johnny Depp ormai indebolisca i film di Burton invece che migliorarli. I suoi personaggi mi sembrano un po' ripetitivi e la sua mimica dopo un po' va a noia, nonostante alcune trovate nel film riescono a strappare dei sorrisi.
Da un punto di vista della sceneggiatura poi ho trovato un po' di passaggi eccessivamente semplificati, alcune soluzioni buttate un po' alla rinfusa. Insomma mi sembra che la sceneggiatura poteva essere un po' più amalgamata e ne aveva di potenzialità. Manca molto l'ironia e la sana follia di film come Ed Wood, Beetlejuice e Mars Attack. Per non spoilerare non vado oltre.
Il film ha delle potenzialità ma si doveva applicare di più. È un film alterno che vive di scene riuscite e intere sequenze noiose e banali. In tutta la parte finale, decisamente pirotecnica, c'è molto di già visto, vi ricorda qualcosa la Morte ti fa bella? Un film comunque da vedere ma che mi fa pensare: dove ti sei nascosto Tim? Non posso pensare che il regista di Edward Mani di forbiceBig Fish sia stato un bluff. Non riesco a credere che la sua disneyzzazione sia così prepotente. Provaci ancora Tim!

domenica 6 maggio 2012

Non lasciarmi di Mark Romanek


Non lasciarmi è uno di quei film che alla fine della visione mi lascia interdetto di fronte allo schermo. È uno di quei film che quando lo vedi al cinema non puoi fare a meno di arrivare alla fine dei titoli di coda perché hai bisogno di riprendere un qualche contatto con il mondo esterno.
Raccontare la storia potrebbe rovinare la visione perché è bello vederlo sulla fiducia conoscendo solo alcuni elementi che potrebbero farlo evitare. È una storia d'amore e da questo non si scappa ma è una di quelle storie d'amore struggenti e poco confezionate. Questa storia d'amore è inserita in una cornice fantascientifica e quando parlo di fantascienza non mi riferisco a quella del futuro ma ad una fantascienza realistica e solo concettuale.
In Non lasciarmi ci sono due attori giovani e veramente bravi. Carey Mulligan e Andrew Garfield riescono a restituire tutto il sentimento della storia. Tutto il suo struggente evolversi e tutti i sentimenti dei due protagonisti sospesi tra un improbabile futuro e un delicato e prezioso ricordo del passato. Entrambi gli attori mi stupiscono perché in apparenza sembrano essere sempre loro stessi ma in ogni film restituiscono un personaggio differente dando corpo e vita a nuove storie. Lei per capirci è la sosia brava di Katie Holmes mentre lui è il nuovo magrissimo Spider Man nonché co-fondatore di Facebook in The Social Network. 
La regia di Mark Romanek rende nel migliore dei modi il freddo delle anime e la solitudine dei protagonisti. I suoi campi lunghi ci raccontano di persone sole al mondo e la messa in scena sempre esposta al freddo e al vento ci mostrano insieme alla pallida fotografia una storia di un futuro mancato e della sofferenza che deriva da tale mancanza. 

Note a margine:
Mark Romanek è quello di One Hour Photo, l'agghiacciante film del 2002 con Robin Williams.
Il film è tratto dal romanzo Never Let Me Go di Kazuo Ishiguro

lunedì 23 aprile 2012

Biutiful di Alejandro González Iñárritu


Biutiful è un film duro, doloroso e struggente che pur non avendo toccato in particolar modo le mie corde emotive riesce ad essere un film intenso con un Javier Bardem che restituisce in modo impeccabile un personaggio problematico in bilico tra morte e vita.
Il film di Iñárritu racconta la storia di un uomo che sfrutta il prossimo per il proprio guadagno ma che nonostante ciò riesce ad essere capace di una profonda e intensa umanità. La vita del protagonista è una di quelle esistenze che a dispetto degli sforzi e i tentativi non hanno via di scampo. Nessuno si prende cura di persone come Uxbal, un uomo destinato a occuparsi degli altri senza che nessuno riesca a sostenerlo. Uxbal è un uomo che vede oltre la morte e convive con quella degli altri ma non riesce ad accettare la propria. Soprattutto perché c'è il dramma di non poter pareggiare i conti con la vita e con le persone a lui care, in particolare i figli.
Sullo sfondo di una Barcellona cupa, abbandonata e decadente la storia di Uxbal si mescola a quella dei lavoratori clandestini, di un'immigrazione dura e difficoltosa. Il film ci trascina all'interno di una spirale verso il basso senza fine, senza via di scampo e senza niente di biutiful. Un uomo quasi giunto al capolinea e una variegata umanità che purtroppo non hanno niente di bello dalla vita e non cercano di chiedere altro. Ogni sforzo è perduto, ogni tentativo di risalita è vanificato.
L'oscurità che circonda le anime dei personaggi è resa visivamente da un racconto cupo e poco illuminato dove le luci brillanti ogni tanto fanno capolino come per mostrare una via d'uscita. La speranza però non appartiene agli uomini, alle donne e ai bambini di questo film. La luce cerca di riscaldare i loro cuori ma non arriva all'anima che probabilmente è irrimediabilmente persa e recuperabile solo con la morte.

mercoledì 18 aprile 2012

Diaz di Daniele Vicari


Diaz e' un film doloroso e necessario, due affermazioni che ho letto da più parti e che mi sento di condividere in pieno. Un film difficile da valutare con distacco, ecco perché prima di scriverne ho fatto passare alcuni giorni.
La storia della Diaz e' tristemente famosa ma il film di Daniele Vicari riesce ad amplificarla e a renderla un messaggio potente e violento. Non lo fa con un film di accusa, un documentario o un film di denuncia nel senso classico del termine. Daniele Vicari con il suo Diaz ci regala una testimonianza basata sugli atti processuali. Una testimonianza visivamente notevole, con inserti di repertorio che si amalgamo alla perfezione nel tessuto del racconto.
Dal punto di vista dei contenuti e' apprezzabile il fatto che il regista/autore cerchi una visione esterna, senza polemiche, tesi precostituite e giudizi sommari. Mi ha ricordato un po' l'atteggiamento che aveva avuto Gomorra nei confronti della sua storia. Anche se in quel caso il punto di partenza era un libro testimonianza, la sensazione e' la stessa di Diaz.
L'altro elemento notevole di questo film e' la sua scelta di realizzare un racconto puramente cinematografico che non si perde dietro a inutili didascalie. La scelta narrativa del puzzle e' una scelta già vista ad esempio in alcuni film di Quentin Tarantino o nel capostipite Rapina a mano armata di Stanley Kubrick. Una serie di storie, di personaggi e di punti di vista che si stringono intorno al cuore della vicenda. Un'ottima operazione di montaggio e costruzione narrativa rende il tutto fluido e comprensibile, nonché potente ed emozionante. 
Anche le scelte di regia sono orientate tutte verso un cinema puro, quasi di genere. I film di guerra ma soprattutto il genere horror creano lo stile narrativo di alcune sequenze. Le scene di Bolzaneto sono horror puro non solo per il contenuto.
Un film notevole insomma che ha generato e generera' molte critiche perché non ha scelto di raccontare tutto ma che ha avuto il coraggio di fare delle scelte con una materia così scottante. Una materia scottante che ti fa crescere la rabbia dentro e ti fa uscire dal cinema con gli occhi lucidi e lo stomaco sottosopra.

lunedì 16 aprile 2012

Biancaneve di Tarsem Singh


Complice il week end freddo e piovoso sono andato al cinema ben due volte questa settimana con scelte a dir poco schizofreniche: Diaz e Biancaneve. Del primo parlero' poi mentre ora vorrei concentrarmi sul film di Tarsem Singh.
La trama e' presto riassunta. C'e' Biancaneve, c'e' la strega cattiva, c'e' il Principe e ci sono i nani. C'e' anche lo specchio magico, dei burattini assassini e un mostro. Insomma ci sono un po' di cose oltre alla classica storia da bambine.
Personalmente ho trovato il film discretamente noioso a parte alcuni punti rivitalizzanti. Ma sorvolando sul gusto personale devo dire che il film non mi pare riuscito del tutto. Ci sono bei costumi, alcune belle scenografie ma il tutto appare posticcio e decisamente poco brillante. La messa in scena non e' all'altezza delle aspettative. Una regia piatta senza soluzioni visive degne di note e con pochi guizzi.
Altra nota dolente e' la storia, sospesa tra tradizione romantica e rivisitazione ironica in chiave moderna. Una via di mezzo che di certo non da' una forma narrativa chiara al film, che salta continuamente da un registro all'altro senza un senso compiuto.
Note positive pero' ce ne sono. La rivisitazione dei nani e' discretamente riuscita. Senza anticipare nulla sulla trame c'e' da dire che ci hanno giocato bene e in parte il risultato e' buono. L'altro elemento interessante e' lo Specchio Magico e la scena dei burattini assassini. Insomma un film per famiglie un po' piatto e senza troppi spunti interessanti. Di certo non e' un film memorabile per me e credo neanche per le bimbe della fila di fronte alla mia.

lunedì 19 marzo 2012

Millenium - Uomini che odiano le donne di David Fincher


Le premesse di questo film devo ammettere erano tutt'altro che buone perché realizzare negli Stati Uniti un remake di un film svedese che era a sua volta l'adattamento di un romanzo di successo sembrava un'operazione vuota e pienamente commerciale. Poi avendo letto il bel romanzo di Stieg Larsson e visto il primo noioso adattamento cinematografico le mie aspettative erano tutt'altro che positive.
Sono sufficienti i titoli di testa per farmi cambiare idea sul film. I titoli sono un vero e proprio videoclip nero liquido che sintetizza la storia sulle note di una cover dei Led Zeppelin ad opera di Trent Reznor. Un'apertura geniale perché ci anticipa una storia già nota, esorcizzando il concetto di remake, il tutto sottolineato da una cover musicale.
Il film di Fincher riesce a sintetizzare in modo efficace la storia del romanzo e soprattutto restituisce in pieno lo spirito del libro. La narrazione non si perde in superflui spiegazioni ma pone l'attenzione sui due protagonisti, scavando al loro interno e presentandoli agli spettatori grazie all'efficace montaggio alternato. I personaggi vengono messi a nudo emergendo come persone fragili e tormentate. Sotto questo aspetto devo dire che Daniel Craig mi ha stupito positivamente, non pensavo riuscisse in tanto.
E' un film cupo, duro e violento quello di Fincher. Un film che non da' molte via di scampo ai protagonisti e soprattutto a Lisbeth Salander. Lei e' la vera forza di quest'opera narrativa creata da Stieg Larrson ed e' impressionante quanto acquisti sempre piu' forza in tutte le sue rappresentazioni. Nel Millenium di Fincher, Rooney Mara e' una Lisbeth magnetica, affascinante e tormentata. L'attrice riesce con i suoi sguardi e la sua sola presenza a riempire la storia.
Il film di Fincher è un'esperienza visiva ma anche molto sonora. E' intrigante il modo in cui Fincher usa il suono per raccontare alcuni momenti della storia, i suoi lati più oscuri e il personaggio di Lisbeth che con le sue urla animalesche è tremendamente inquietante. Le immagini più' dure, cupe e violente vengono potenziate da disturbi sonori e dalla bella musica della coppia Trent Reznor-Atticus Ross.