sabato 11 dicembre 2010

The Social Network di David Fincher

The Social Network di David Fincher è un film su come raggiungere il potere, su come guadagnare molti soldi e sulle cause che possono spingere una persona a diventare uno degli uomini più influenti e ricchi del mondo. La storia di Facebook è nota a tutti e Fincher decide di non dedicare la sua storia solo alla nascita del social network più famoso del mondo ma ci vuole mostrare i retroscena di un successo di questo tipo.
Cosa spinge un universitario a creare questo nuovo mondo virtuale? Quali sono le conseguenze di questo successo? Sono queste le domande a cui il film vuole rispondere e lo fa con chiarezza e con un film robusto e ben scritto dove i dialoghi la fanno da padrone e sono sempre ben interpretati da un gruppo di attori giovani che tengono sempre alta la tensione della storia. La colonna sonora del leader dei Nine Inch Nails, poi, è la ciliegina sulla torta.
La regia di Fincher ci dimostra ancora una volta, nonostante alcuni suoi passi falsi in passato, di essere uno dei registi più promettenti di questa generazione insieme a Nolan. Ci sono alcune scene che mi hanno particolarmente colpito per il loro modo di parlare dell'anima di Facebook e del protagonista senza mai essere esplicite e didascaliche. La scena iniziale in cui Mark attraversa gruppi di ragazzi che parlano, intrecci di vie e house universitarie sembra rispecchiare un intreccio di pagine e profili e allo stesso tempo rappresentano la solitudine del protagonista che tenterà di fuggire da questa sua condizione creando Facebook.
Un'altra scena significativa da questo punto di vista è la scena della festa alla confraternita. L'arrivo delle ragazze in pullman, l'intreccio di corpi, la sessualità e il voyeurismo, tutto all'insegna dell'esclusività. Questa esclusività verrà combattuta e contrastata da Facebook, luogo esclusivo per tutti.
The Social Network mi fa pensare ad un altro film uscito nello stesso periodo, Wall Street - Il denaro non dorme mai di Oliver Stone. I due film sono le due facce dell'economia capitalista contemporanea, una in ascesa e l'altra apparentemente in declino. Due modi di fare soldi. Due registi e due generazioni.

sabato 30 ottobre 2010

Edith Piaf

I film non sempre sono semplici opere visive e racconti ma spesso attraverso le loro storie e le loro musiche ci permettono di scoprire o semplicemente ci portano agli occhi e alle orecchie artisti e personaggi a cui prima non avevamo dato interesse.
Inception ed Edith Piaf. Un binomio particolare ma questo film di Christopher Nolan ha attirato il mio interesse su questa spettacolare interprete francese che nel film accompagna le immagini e i personaggi con la sua struggente Non, Je Ne Regrette Rien. La sua canzone entra nel mio ipod e per caso una sera incontro il film sulla sua vita in TV, La vie en rose di Olivier Dahan.
Il film ha tutti i difetti della maggior parte dei biopic filmici: abbastanza lungo, un tratteggio superficiale della personalità del personaggio, sottolinea disgrazie e amori e fa emergere solo sullo sfondo le doti artistiche della cantante. Le straordinarie canzoni infatti fanno solo da cornice al racconto e ma sono la reale forza di questa donna, è sufficiente guardare le sue reali esibizioni dal vivo per accorgersene. Una donna legata al palco che si esibisce fino alla fine con tutti i problemi fisici e solo quando non riuscirà più a cantare abbandonerà la vita.
Non per questo il film è tutto da buttare, ci sono dei momenti in cui il racconto si fa interessante, sopratutto quando la struttura narrativa non lineare prende il sopravvento e la narrazione diventa una serie di riflessi della vita della Piaf.
Il film poi ci mostra un'attrice straordinaria, Marion Cotillard che rapisce letteralmente lo sguardo, un'attrice che diventa la Piaf non trasformandola in macchietta. L'attrice con la sua bellezza celata ci regala l'energia e la caparbietà della cantante francese, le sue mosse, la sua postura sul palco, insomma una mimesi riuscitissima.

venerdì 22 ottobre 2010

Inception di Christopher Nolan

Alla base del film c' è l'Idea, come viene concepita, trasmessa e sognata. Un concept sufficiente a creare il film, l'azione, la fantascienza e il melodramma. C'è molta azione resa ancora più d'impatto perché realizzata soprattutto con effetti visivi e non speciali, come un set che ruota a 360 gradi. Un vortice d'inseguimenti e suspence dove la colonna sonora di Hans Zimmer è mozzafiato.Una storia complessa che è spiegata alla perfezione, non è un film si avvolge su stesso rendendo la storia poco chiara ma gli intrecci si sciolgono alla perfezione supportati da un buon montaggio.
In questo film si costruiscono sogni. La creazione dei sogni è fatta in team e non da una sola persona, questo rende il film una riflessione sul cinema. Dopotutto il cinema è la macchina dei sogni e anche se c'è sempre qualcuno al comando è il lavoro di gruppo che rende tutto un prodotto unico e finito.
Questo film conferma le ottime capacità del suo capofila, uno dei migliori registi della sua generazione, che riesce a coniugare cinema d'autore e cinema di massa. I suoi film sono godibili a diversi livelli di lettura, si possono godere come film d'azione, come film psicologici e come riflessioni sull'uomo, sui sogni, sulla mente e sugli scherzi che essa può fare.
Inception coniuga l'azione ad alto budget del Cavaliere Oscuro con le riflessioni sulla mente di Memento, è un gioco alla The Prestige ed è oscuro come Following.
Il film è un gioco di rimandi dove il sogno è rappresentato in modo razionale perché non sempre l'attività onirica è visionaria ma può essere una razionale irrazionalità. Il sogno di Nolan è diverso dal sogno di Lynch, è meno visionario ma non meno inquietante. In Nolan c'è il tentativo di mantenere sotto controllo il subconscio mentre il Lynch il subconscio prende il controllo, prende il sopravvento. Due punti di vista sul subconscio, una visione del cinema dove trovare sempre soddisfazione.

mercoledì 14 luglio 2010

Il profeta di Jacques Audiard

Non amo il cinema francese contemporaneo forse perche' lo conosco poco e male. E' un peccato perche' la storia del cinema francese e' ricca di bei film e soprattutto in passato era molto semplice vedere un film francese in tv e trovare dei piccoli gioielli.
Il profeta di Jacques Audiard e' diverso dal cinema francese in bianco e nero che conoscevo, e' un film contemporaneo che racconta la violenza, le logiche di potere e il crimine. Sembra che i francesi siano particolarmente bravi a parlare di queste tematiche e di criminalita', durante la visione infatti mi veniva in mente Jean-Claude Izzo e altre storie di criminalita' marsigliese.
La storia si puo' riassumere semplicemente dicendo che il Profeta (anzi Un profeta se si rispetta la traduzione letterale dal francese e il senso cambia) e' un classico romanzo di formazione, una formazione un po' sui generis, una formazione criminale. La storia si svolge in carcere e Malik che deve scontare una pena di 6 anni entra come un pivello del crimine ed esce boss. L'ultima scena e' bellissima nel raccontare questo epilogo.
Il regista immagino che ci voglia dire qualcosa sul sistema carcerario e sulla rieducazione. Sempre di educazione si parla in questo caso ma chi vive il carcere mostrato da Audiard non esce cambiato in meglio e di certo non si redime. Nel caso di Malik la sua ascesa al crimine non ha momenti di ripensamento, a lui sembra naturale intraprendere quella strada anche perche' solo cosi' riesce a sopravvivere in carcere.
E' una storia cruda che non lascia spazio ai sentimentalismi. Non lascia spazio a figure femminili che redimono, l'amore e' lontano. E' un film violento, con sangue e botte. E' un film maschile che ti intrappola per oltre 2 ore. E' un film assolutamente da vedere anche per la bellissima interpretazione del protagonista Tahar Rahim.
In Italia purtroppo sono rari i casi di vedere film come questi. Ho la sensazione che tutte le forze produttive vengano investite nella tv che comincia a sfornare anche qualche prodotto di qualita'. Non bisogna dimenticare pero' che il grande schermo e' un'altra cosa e che in passato eravano tra i maestri del cinema.

domenica 7 marzo 2010

Alice in Wonderland oppure in Disneyland?


Non cerco mai di fare dei parallelismi tra libro e film, inutili e senza motivo. Quello che cerco in un film tratto da un libro è una traduzione cinematografica. Alice nel paese del meraviglie e Attraverso lo specchio sono due romanzi impossibili da tradurre cinematograficamente perché sono fondati sulla parola, sulla letteratura pura. Le pagine dei romanzi sono indimenticabili e ho avuto modo di sottolinearlo.
Alice in Wonderland di Tim Burton conferma che il libro non si può tradurre in film. Il cartoon Disney ci aveva provato e aveva realizzato un cartoon molto bello dal punto dell'animazione ma che restituiva poco il romanzo. Tim Burton ci ha provato sotto l'ala protettrice della Disney e dalla trama si capisce che non c'era possibilità di tradurre in film quel capolavoro di letteratura fantastica e di formazione. Si vede che non c'è la volontà di fare la trasposizione del romanzo ma una riscrittura della storia.
La storia ha degli spunti interessanti ma si sviluppa in modo convenzionale, con poca originalità. Una storia che purtroppo ci porta davanti agli occhi solo l'Alice di Disney e non quella di Carroll. Sono pochi i momenti del film nei quali emerge l'Alice di Carroll e voglio pensare che Tim Burton abbia voluto almeno farla intuire prima di soccombere all'armata Disney.
Alice in Wonderland o dovrei dire in Disneyland è costruito per il successo anche se penso che rimarrà nella storia del cinema più per l'attesa che ha generato che per il risultato ottenuto. Un'occasione mancata e una delusione, questo si può dire, che ci conferma che non sempre il cinema vince e la parola scritta può ancora essere qualcosa di più fantastico dell'immagine in movimento.

lunedì 15 febbraio 2010

Il nastro bianco e il cinema parallelo

Sono entrato in un mondo parallelo per vedere l'ultimo film di Haneke. Il cinema Azzurro Scipioni di Roma, cinema d'essai colpevolmente mai frequentato. Entri nella sala e la magia ha inizio tra locandine, proiettori d'annata, un pianoforte ai piedi dello schermo, un mobile bar e dipinti ad olio. La proiezione comincia solo per me e la magia prosegue.



Il nastro bianco di Michael Haneke e' un film bello ma non per tutti, un film duro che con il suo bianco e nero desatura colori e sentimenti. Un paio di scene che mi hanno colpito, protagonisti sempre i bambini, reali protagonisti del film. Non mi perdo nel racconto della storia che sembra essere un giallo ma in realta' e' una riflessione sulla violenza e sull'autorita' paterna e patriarcale, un film sulla discriminazione. Il tema della violenza e delle relazioni sociali e' un tema caro ad Haneke che in diversi modi ha cercato di raccontarlo (Funny Games, Il tempo dei lupi, Niente da nascondere). In questo film la violenza e' sussurata ma risuona come un eco nel silenzio.

mercoledì 27 gennaio 2010

Life on Mars?

It's a god-awful small affair
To the girl with the mousy hair
But her mummy is yelling "No"
And her daddy has told her to go
But her friend is nowhere to be seen
Now she walks through her sunken dream
To the seat with the clearest view
And she's hooked to the silver screen
But the film is a saddening bore
'Cause she's lived it ten times or more
She could spit in the eyes of fools
As they ask her to focus on

Sailors fighting in the dance hall
Oh man! Look at those cavemen go
It's the freakiest show
Take a look at the Lawman
Beating up the wrong guy
Oh man! Wonder if he'll ever know
He's in the best selling show
Is there life on Mars?

It's on America's tortured brow
That Mickey Mouse has grown up a cow
Now the workers have struck for fame
'Cause LENIN's on sale again
See the mice in their million hordes
From Ibiza to the Norfolk Broads
Rule Britannia is out of bounds
To my mother, my dog, and clowns
But the film is a saddening bore
'Cause I wrote it ten times or more
It's about to be writ again
As I ask you to focus on

Sailors fighting in the dance hall
Oh man! Look at those cavemen go
It's the freakiest show
Take a look at the Lawman
Beating up the wrong guy
Oh man! Wonder if he'll ever know
He's in the best selling show
Is there life on Mars? *

*traduzione non ufficiale nei commenti :-)