lunedì 23 aprile 2012

Biutiful di Alejandro González Iñárritu


Biutiful è un film duro, doloroso e struggente che pur non avendo toccato in particolar modo le mie corde emotive riesce ad essere un film intenso con un Javier Bardem che restituisce in modo impeccabile un personaggio problematico in bilico tra morte e vita.
Il film di Iñárritu racconta la storia di un uomo che sfrutta il prossimo per il proprio guadagno ma che nonostante ciò riesce ad essere capace di una profonda e intensa umanità. La vita del protagonista è una di quelle esistenze che a dispetto degli sforzi e i tentativi non hanno via di scampo. Nessuno si prende cura di persone come Uxbal, un uomo destinato a occuparsi degli altri senza che nessuno riesca a sostenerlo. Uxbal è un uomo che vede oltre la morte e convive con quella degli altri ma non riesce ad accettare la propria. Soprattutto perché c'è il dramma di non poter pareggiare i conti con la vita e con le persone a lui care, in particolare i figli.
Sullo sfondo di una Barcellona cupa, abbandonata e decadente la storia di Uxbal si mescola a quella dei lavoratori clandestini, di un'immigrazione dura e difficoltosa. Il film ci trascina all'interno di una spirale verso il basso senza fine, senza via di scampo e senza niente di biutiful. Un uomo quasi giunto al capolinea e una variegata umanità che purtroppo non hanno niente di bello dalla vita e non cercano di chiedere altro. Ogni sforzo è perduto, ogni tentativo di risalita è vanificato.
L'oscurità che circonda le anime dei personaggi è resa visivamente da un racconto cupo e poco illuminato dove le luci brillanti ogni tanto fanno capolino come per mostrare una via d'uscita. La speranza però non appartiene agli uomini, alle donne e ai bambini di questo film. La luce cerca di riscaldare i loro cuori ma non arriva all'anima che probabilmente è irrimediabilmente persa e recuperabile solo con la morte.

mercoledì 18 aprile 2012

Diaz di Daniele Vicari


Diaz e' un film doloroso e necessario, due affermazioni che ho letto da più parti e che mi sento di condividere in pieno. Un film difficile da valutare con distacco, ecco perché prima di scriverne ho fatto passare alcuni giorni.
La storia della Diaz e' tristemente famosa ma il film di Daniele Vicari riesce ad amplificarla e a renderla un messaggio potente e violento. Non lo fa con un film di accusa, un documentario o un film di denuncia nel senso classico del termine. Daniele Vicari con il suo Diaz ci regala una testimonianza basata sugli atti processuali. Una testimonianza visivamente notevole, con inserti di repertorio che si amalgamo alla perfezione nel tessuto del racconto.
Dal punto di vista dei contenuti e' apprezzabile il fatto che il regista/autore cerchi una visione esterna, senza polemiche, tesi precostituite e giudizi sommari. Mi ha ricordato un po' l'atteggiamento che aveva avuto Gomorra nei confronti della sua storia. Anche se in quel caso il punto di partenza era un libro testimonianza, la sensazione e' la stessa di Diaz.
L'altro elemento notevole di questo film e' la sua scelta di realizzare un racconto puramente cinematografico che non si perde dietro a inutili didascalie. La scelta narrativa del puzzle e' una scelta già vista ad esempio in alcuni film di Quentin Tarantino o nel capostipite Rapina a mano armata di Stanley Kubrick. Una serie di storie, di personaggi e di punti di vista che si stringono intorno al cuore della vicenda. Un'ottima operazione di montaggio e costruzione narrativa rende il tutto fluido e comprensibile, nonché potente ed emozionante. 
Anche le scelte di regia sono orientate tutte verso un cinema puro, quasi di genere. I film di guerra ma soprattutto il genere horror creano lo stile narrativo di alcune sequenze. Le scene di Bolzaneto sono horror puro non solo per il contenuto.
Un film notevole insomma che ha generato e generera' molte critiche perché non ha scelto di raccontare tutto ma che ha avuto il coraggio di fare delle scelte con una materia così scottante. Una materia scottante che ti fa crescere la rabbia dentro e ti fa uscire dal cinema con gli occhi lucidi e lo stomaco sottosopra.

lunedì 16 aprile 2012

Biancaneve di Tarsem Singh


Complice il week end freddo e piovoso sono andato al cinema ben due volte questa settimana con scelte a dir poco schizofreniche: Diaz e Biancaneve. Del primo parlero' poi mentre ora vorrei concentrarmi sul film di Tarsem Singh.
La trama e' presto riassunta. C'e' Biancaneve, c'e' la strega cattiva, c'e' il Principe e ci sono i nani. C'e' anche lo specchio magico, dei burattini assassini e un mostro. Insomma ci sono un po' di cose oltre alla classica storia da bambine.
Personalmente ho trovato il film discretamente noioso a parte alcuni punti rivitalizzanti. Ma sorvolando sul gusto personale devo dire che il film non mi pare riuscito del tutto. Ci sono bei costumi, alcune belle scenografie ma il tutto appare posticcio e decisamente poco brillante. La messa in scena non e' all'altezza delle aspettative. Una regia piatta senza soluzioni visive degne di note e con pochi guizzi.
Altra nota dolente e' la storia, sospesa tra tradizione romantica e rivisitazione ironica in chiave moderna. Una via di mezzo che di certo non da' una forma narrativa chiara al film, che salta continuamente da un registro all'altro senza un senso compiuto.
Note positive pero' ce ne sono. La rivisitazione dei nani e' discretamente riuscita. Senza anticipare nulla sulla trame c'e' da dire che ci hanno giocato bene e in parte il risultato e' buono. L'altro elemento interessante e' lo Specchio Magico e la scena dei burattini assassini. Insomma un film per famiglie un po' piatto e senza troppi spunti interessanti. Di certo non e' un film memorabile per me e credo neanche per le bimbe della fila di fronte alla mia.