
giovedì 28 febbraio 2008
Non è un paese per vecchi di Ethan e Joel Coen

venerdì 22 febbraio 2008
Laico, se lo conosci lo eviti, se non lo conosci è meglio
mercoledì 20 febbraio 2008
Gregory Crewdson al Palazzo delle Esposizioni


lunedì 18 febbraio 2008
Children of Men

Il film è tratto da un romanzo di P.D. James ed è ha una storia affascinante che si confronta con il futuro poco lontano dell'anno 2027, con un immaginario che ha poco di fantascienza e fantapolitica perché sembra tutto così vicino, così prossimo ai nostri occhi. L'aspetto più interessante del film è questo, ritrarre un futuro prossimo che fa paura, un futuro dove tutto è alla deriva, un mondo agghiacciante. Gli immigrati nelle gabbie, gli scontri di periferia e il solito strapotere dei media. Un futuro/presente insomma.
Il regista Alfonso Cuaron ritrae il tutto senza cercare troppo il coinvolgimento emotivo, senza approfondire e realizzare un'analisi sociopolitica che poteva essere interessante. La narrazione è discontinua e nonostante non manchino dei frammenti meglio riusciti, il tutto è slegato. Il film è godibile ma mi ha dato l'idea di essere superficiale, come se fosse scritto con i freni tirati.
Un materiale così interessante poteva in mani più coraggiose diventare un film di un certo livello, un film amaro, cinico e doloroso. Quando un film non piace del tutto si cerca sempre di capire quale poteva essere il modo per renderlo migliore. In questo caso direi che si potevano seguire due strade: quella del cinismo, ritrarre quindi in modo freddo e distaccato un mondo alla deriva e quella dell'emozione, cercando un coinvolgimento maggiore dello spettatore nella storia.
martedì 12 febbraio 2008
Into the Wild di Sean Penn

sabato 9 febbraio 2008
"The Black Saint and The Sinner Lady"

Avevo deciso di acquistare un cd jazz. Vado da Feltrinelli armato di una short list: Eric Dolphy Out of Lunch, Wayne Shorter Juju, Charles Mingus The Black Saint and The Sinner Lady. La scelta si era ristretta a questi tre nomi e titoli perché volevo sondare ancora novità nel panorama classico del Jazz. Di Dolphy mi affascina il suo polistrumentismo e il fatto che troppo spesso ho incontrato il suo nome nelle mie ricerche e letture. Di Shorter ovviamente è il suo sax, troppo legato a Coltrane per passare inosservato. Di Mingus mi incuriosice la sua personalità e il fatto che ogni suo frammento di musica che ho ascoltato mi ha rapito. Come al solito il mio personale "studio" del Jazz è guidato da strane sensazioni e impressioni. E' un puzzle guidato dalla mancanza di conoscenza teorica ma ricco della volontà di assaporare in pieno la musica.
Vorrei ascoltare tutti e 3 ma purtroppo il primo non c'è e decido di ascoltare dei frammenti degli altri 2. Forse è contrario allo spirito dell'ascoltare attento ma ascolto la loro musica sulle cuffie del negozio e mentre Shorter è coinvolgente Mingus mi rapisce e non mi fa avere dubbi.
A casa inizio ad ascoltare il disco e vengo travolto. La musica, che ancora suona nella mie orecchie, è qualcosa di straordinario. Parte dalla tradizione delle Big Band ma va oltre ed è come se racchiudesse tutto. Ogni volta vengo stupito dalla richezza della musica, di quanto possa aver detto molto così tanto tempo fa, di come le radici e le tradizioni siano rielaborate continuamente e siano dei punti di partenza per viaggi verso il futuro. L'energia dei suoni è qualcosa di indescrivibile a parole. E' amore a primo ascolto. Come al solito mi ci vorranno diversi ascolti per assaporarlo tutto e in pieno poiché la musica è ricca, è piena, in alcuni momenti è satura di suoni.
Bene sono soddisfatto, il mio istinto da inesperto non mi ha tradito, di nuovo aggiungerei. A questo punto devo cominciare a pensare che forse è giusto così. Segui l'istinto e costruisci il tuo puzzle musicale e vedrai che ogni momento di ascolto sarà soddisfacente.
"Touch my beloved's thought while her world's affluence crumbles at my feet." Dalla copertina del disco.
martedì 5 febbraio 2008
Herbert List: Lo sguardo sulla bellezza

L'aspetto che più mi è piaciuto della mostra, un po' avara di fotografie, è stata la possibilità di avere una visione generale della vita fotografica di Herbert List. L'impressione che mi ha dato è stata quella di un fotografo dalle facili infatuazioni. Dalla fotografia surrealista, alla foto che ricorda il patinato pubblicitario. Dal reportage neoralista ai ritratti.
Sono affascinanti i suoi giochi surrealisti, dove porta in fotografia le suggestioni di De Chirico e Magritte. Dove la luce gioca con gli oggetti e le ombre costruiscono il mistero. Sono decisamente poco affascinanti ai miei occhi le fotografie del periodo di Capri e quelle marittime in genere. Sono interessanti perché sembra di vedere alcune foto pubblicitarie contemporanee ma appunto per questo eccessivamente costruite con pose e luci un po' artificiali. Certo sono all'avanguardia per l'epoca.
Le foto più interessanti sono i ritratti che come sempre si misurano con le personalità raffigurate: Pasolini, Marlene Dietrich, Benedetto Croce e la fantastica Anna Magnani, ritratta in modo da far emergere in pieno il suo volto deciso.
Un'altra serie di foto interessanti sono quelle più neorealiste che ritraggono Roma e Napoli. Che svelano le persone e la loro quotidianità. Si parla quindi del reportage più puro non a caso corrispondente agli anni dell'incontro di Robert Capa e della Magnum.
Per un romano le foto di Trastevere sono imperdibili, com'è imperdibile il reportage sulla Stazione Termini vero cuore romano. Un abitante silenzioso della città, dove anime e persone ogni giorno s'incontrano e si scontrano. Bellissime le foto degli adii e degli incontri. Quei fuggevoli incontri tra sconosciuti che si sfiorano per un solo attimo nella loro vita ma che condivono comunque un istante.
Una mostra che merita di essere vista ma che non mi ha soddisfatto in pieno. Le foto infatti a volte si perdono in un'artificiosità che non ha soddisfatto il mio sguardo.
lunedì 4 febbraio 2008
American Gangster di Ridley Scott
