
Appena ho finito di vedere
Fino all'ultimo respiro mi è venuta in mente un'immagine: un bambino che usa la sua mano come una pistola, fa finta di sparare imitando anche il rumore del colpo e alla fine soffia sul dito. A questo mi ha fatto pensare il film di
J.L. Godard scritto da
Truffaut. Un gioco, un divertimento, un noir leggero. Un ossimoro.
In questo film tutto è nuovo. E' il primo film della
Nouvelle Vague. E' il primo film di Godard. Un nuovo modo di fare cinema. Un nuovo modo di fare cinema d'autore.
Il tocco della regia è leggero, è mobile. Il protagonista è ammiccante nei confronti dello spettatore. La storia è trattata come se fosse una commedia, ma in realtà la storia del protagonista è amara. Lo stile leggero mi ha ricordato, forse sarò blasfemo, i film di
Jacques Tati.
I dialoghi del film sono un'altra cosa che mi ha colpito. Sembrano frasi buttate lì per caso ma alla fine sono dei veri concentrati di ottima scrittura. Il tutto anche grazie ai protagonisti, la bellissima
Jean Seberg (Patrizia) e in particolare a
Jean Paul Belmondo (Michel). Un attore che ogni volta che lo vedo recitare mi stupisce. Non appartengo alla sua generazione e quindi per me è sempre una scoperta. Lo trovo straordinario, riesce sempre a riempire lo schermo. Ogni suo gesto, ogni sua smorfia arricchisce la narrazione.
Per chiudere alcune citazioni dal film.
Non so se non sono felice perché non sono libera o se non sono libera perché non sono felice. Patrizia Franchini
Patrizia: Perché sei venuto qui, Michel?
Michel: Io? Perché ho voglia di fare di nuovo l'amore con te.
Patrizia: Non è un buon motivo direi.
Michel: Invece sì, vuol dire che ti amo.
Patrizia: Signor Parvulesco, qual è la sua più grande aspirazione nella vita?
Scrittore Parvulesco: Divenire immortale, e poi... morire.