giovedì 9 febbraio 2012

Shame di Steve McQueen


Non saprei dire se Shame mi sia piaciuto perché il film ha degli aspetti interessanti e altri meno. Questo non significa che sia una film altalenante, anzi ha una sua compattezza e una sua coerenza registica e narrativa. L'insieme pero' non mi ha folgorato, mi lascia perplesso. Se dovessi etichettarlo lo definirei un buon film che in parte si salva per la regia ma e' lontano dall'essere un capolavoro. 
Il film narra la storia di un uomo emotivamente solo, con una vita schematica e ordinata ai limiti della maniacalita'. Il sesso in questo contesto e' coerente con il resto della sua vita ed e' monotonia e ossessione. Il protagonista ha rapporti in gruppo, da solo, con donne e con uomini, reali e virtuali ma non c'e' mai uno slancio affettivo o un istinto passionale, c'e' solo la necessita' fisica di saziare il corpo. Quando tenta di avere una relazione normale non ci riesce, come se il suo corpo la rifiutasse.
Il corpo come nel precedente film del regista (di cui ho parlato qui) e' centrale, e' lo strumento e il mezzo per rapportarsi con l'esterno e in un certo modo diventa una trappola. Nel caso di Hunger diventa strumento di lotta politica, nel caso di Shame invece il corpo e' l'unico mezzo per intrattenere relazioni umane. L'unica relazione umana che apparentemente e' fuori da questa regola e' il rapporto con la sorella che irrompe nella vita del protagonista per scombinare la sua ordinarieta' e la sua monotonia. L'agente esterno che mette in crisi l'uomo e lo spinge verso l'abisso.
La storia viene narrata in modo impersonale dal regista, e' presentata senza una morale e senza un giudizio da parte di chi racconta. Una scelta giusta per un film con una storia come questa ma che potrebbe essere legata anche il limite più evidente del film. Il racconto, infatti, a tratti può risultare banale e superficiale. Il non detto può diventare un limite in un film ben confezionato come questo.
La storia e' illustrata da una regia veramente notevole che e' il punto di forza di questo film. Una regia con movimenti di macchina misurati e una composizione dell'immagine mai fuori posto. In particolare la scelta di tenere quasi sempre la macchina ferma durante i dialoghi e la bellissima scena con macchina fissa alle spalle dei protagonisti durante lo scontro verbale tra i fratelli e' affascinante e pienamente azzeccata. La loro storia, il loro passato e' oscuro e e quella scena di spalle sottolinea l'estraneità dello spettatore. La fissità dell'immagine nel dialogo invece pone l'accento sulla durezza verbale.
Gli attori sono entrambi bravi e convincenti in particolare mi ha sorpreso Carey Mulligan che finora avevo visto solo in Drive dove mi era piaciuta ma non avevo capito se fosse capace di altro. Guardando i due film invece l'attrice impersona due donne diverse, quasi agli antipodi, risultando convincente in entrambi i casi.

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