lunedì 18 febbraio 2008

Children of Men


Il mondo è sterile, è allo sbando. La violenza e l'odio razziale hanno preso il sopravvento. Gli immigrati clandestini vengono trattati come bestie. L'ultimo bambino nato risale a 18 anni prima. Non ci sono più bambini, non ci sono più parchi giochi e asili. Un ex attivista politico si trova a proteggere la vita dell'unica donna incinta.

Il film è tratto da un romanzo di P.D. James ed è ha una storia affascinante che si confronta con il futuro poco lontano dell'anno 2027, con un immaginario che ha poco di fantascienza e fantapolitica perché sembra tutto così vicino, così prossimo ai nostri occhi. L'aspetto più interessante del film è questo, ritrarre un futuro prossimo che fa paura, un futuro dove tutto è alla deriva, un mondo agghiacciante. Gli immigrati nelle gabbie, gli scontri di periferia e il solito strapotere dei media. Un futuro/presente insomma.

Il regista Alfonso Cuaron ritrae il tutto senza cercare troppo il coinvolgimento emotivo, senza approfondire e realizzare un'analisi sociopolitica che poteva essere interessante. La narrazione è discontinua e nonostante non manchino dei frammenti meglio riusciti, il tutto è slegato. Il film è godibile ma mi ha dato l'idea di essere superficiale, come se fosse scritto con i freni tirati.

Un materiale così interessante poteva in mani più coraggiose diventare un film di un certo livello, un film amaro, cinico e doloroso. Quando un film non piace del tutto si cerca sempre di capire quale poteva essere il modo per renderlo migliore. In questo caso direi che si potevano seguire due strade: quella del cinismo, ritrarre quindi in modo freddo e distaccato un mondo alla deriva e quella dell'emozione, cercando un coinvolgimento maggiore dello spettatore nella storia.

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