lunedì 28 gennaio 2008

I miei film del week end: dal dvd al cinema

Nel week end ho visto due film ed entrambi non mi hanno convinto. Entrambi accomunati da una lunghezza eccessiva, perché se pensi che il film sia troppo lungo è un film probabilmente poco riuscito.

The Good Shepherd
Interpretato da Matt Damon e girato da Roberto De Niro è la storia di un agente della Cia agli inizi della storia del servizio d'intelligence americana. Il film devo dire che non mi ha entusiasmato nonostante la buona interpretazione di Matt Damon e nonostante il personaggio da lui interpretato sia riuscito. E' molto interessante la figura di Edward Wilson, un burocrate del controspionaggio. La sua storia è raccontata senza sparatorie, quasi senza armi. La sua normale attività è così banale ma così decisiva.
La storia però è troppo lunga e ricca di dettagli non sempre chiari. Il racconto non riesce a tenere unite le fila del discorso. La carne al fuoco e troppa e la sintesi è minima. Alcune soluzioni narrative risultano un po' banali. La messa in scena e la regia sono sobrie ma non riescono a colpire nel segno, alcune volte il tutto sembra già visto.



Cous Cous
C'è il tentativo di riscatto di una famiglia arabo-francese, in particolare del suo capofamiglia. C'è un panorama dei personaggi ricco di facce interessanti, su tutte la brava Hafsia Herzi. La storia del film non è male anche se non è molto originale. Il tentativo è quello di proporre senza troppi giudizi uno spaccato sociale molto attuale attraverso la storia quotidiana di questa famiglia.
Il film è ricco di lunghi dialoghi. Il ritmo è il tempo narrativo risentono di una messa in scena che non riesce a realizzare una sintesi. I dialoghi e i monologhi sono troppo lunghi e insistiti. In alcuni casi questa prolissità ha un senso all'interno della narrazione (come nel pranzo domenicale), in altri casi è un po' irritante.
Mentre vedevo il film pensavo a Ken Loach e al neorealismo. Una storia con poca musica e con facce che sembrano prese dalla strada. I temi sociali trattati in modo molto diretto e didascalico. Però onestamente non si centra l'obiettivo perché manca la freschezza e l'emozione del neorealismo e manca la struttura di Loach. Questo film si perde in una struttura troppo aperta ed eccessivamente libera. Una serie di quadri e di dialoghi che sono legati tra loro da una sceneggiatura debole.

lunedì 21 gennaio 2008

Ugo Mulas. La scena dell'arte

Ugo Mulas al Maxxi. Scoperto per caso ma ti affascina e rapisce all'istante. E' bello l'allestimento della mostra e sono numerose le fotografie che si ha il piacere di vedere. Si attraversano le linee luminose che partendo dalla parete proseguono sul pavimento e si cammina nel tempo, nella storia dell'arte che parte dagli anni 50 fino agli 70. Si osservano i mutamenti dell'arte di quegli anni attraverso la Biennale di Venezia. Conosco poco dell'arte italiana di quel periodo ma è affascinante vedere gli artisti all'opera che all'allestiscono le loro sale. Gli artisti che vivono il tempo libero tra loro. Si respirano gli artisti di quel periodo attraverso le foto di Ugo Mulas.
Sono fotografie che entrano nella scena. Sono invadenti con discrezione. Invadono gli spazi degli artisti ma è come se non ci fosse l'occhio della fotografia a guardarli.
L'altra grande sezione della mostra è dedicata ai ritratti. Ritratti di collezionisti (bellissimi ed emozionanti i ritratti dedicati a Peggy Guggenheim), critici d'arte (come il fantastico ritratto "segnaletico" di Achille Bonito Oliva), artisti stranieri e italiani. La forza dei ritratti di Mulas sta nel cogliere l'artista nel suo ambiente. E' la composizione di questi ritratti che colpisce, sembra comunicare direttamente lo spirito dell'artista, il suo essere. Come con Fontana tagliato come le sue tele o con De Chirico, austero e distante. Sono profili, biografie e non semplici ritratti. E' ovvio poi che lo spessore dei personaggi fotografati è notevole: Schifano, Fontana, Giacometti, Morandi, Mimmo Rotella, Piero Manzoni.
Ugo Mulas è un fotografo che sembra essere vissuto nell'arte, dell'arte e nelle opere d'arte. Coglie gli attimi della creazione e della riflessione sull'arte. Bellissima la foto che ritrae Man Ray che osserva con attenzione un'opera d'arte contemporanea durante una mostra. Quasi emozionante la sequenza fotografica che ritrae Lucio Fontana nell'atto di tagliare la tela.
E' una piacevole sorpresa questa mostra. E' un dispiacere non conoscere a fondo quest'arte italiana, così ricca di personalità affascinanti, di certo approfondirò la conoscenza. Si nota scorrendo le foto della Biennale che probabilmente l'arte italiana si è un po' persa. La conosco poco ma sembra che si siano perse quelle personalità così affascinanti.

domenica 20 gennaio 2008

La promessa dell'assassino di David Cronenberg

La promessa dell'assassino (Eastern Promises) è l'ultimo film di David Cronenberg e narra la storia di Anna, un'ostetrica alla ricerca dei parenti di una bimba nata da una ragazza russa che muore durante il parto. La ricerca di Anna, però, si scontra con la mafia russa che governa una parte della criminalità nella Londra contemporanea.
Basta questo per riassumere la trama di Eastern Promises, uno dei più belli film di Cronenberg. Il film è doloroso, duro, violento ma ricco di emozioni nonostante il regista non ne faccia uso. Cronenberg, infatti, non vuole commuovere il pubblico, non ha l'obiettivo di essere struggente nel racconto di una storia triste e piena di violenza. In questo a mio parere sta gran parte della bellezza di questo film.
Il suo racconto è al di sopra del giudizio morale. I protagonisti vivono al di fuori della morale e seguono i loro percorsi personali a prescindere dalla legge e dai legami di parentela. Il fine in questi casi giustifica ogni mezzo. C'è chi vuole il potere, chi vuole vivere senza responsabilità e chi vuole la maternità. Naomi Watts e Vincent Cassel si calano bene nei loro personaggi ma su tutti emerge Viggo Mortensen. Se in History of Violence mi aveva stupito la sua capacità di comunicare il personaggio, qui supera se stesso. La figura che costruisce è glaciale, fredda e misurata in ogni sua azione. Quando appare sulla scena l'atmosfera cambia. E' perfetto questo personaggio dalla psicologia complessa che non fa mai trasparire i suoi reali intenti e sentimenti. Fa paura il suo sguardo.
E' affascinante e inquietante allo stesso tempo il mondo che Cronenberg ci mostra. Il ritratto della mafia russa è credibile e agghiacciante. Una Londra durante le festività natalizie dove le luci degli addobbi si vedono raramente, dove sono il buio e i toni scuri a dominare la scena. E' noir questo film di Cronenberg perché i personaggi si muovono in un territorio oscuro e non si sa se in fondo hanno qualche possibilità di scelta nella vita.
Il racconto è perfetto. La sceneggiatura non ha eccessi, i dialoghi sono essenziali e tutto è al suo posto. Il film è stilisticamente compatto, arriva con durezza al punto. C'è la scena della lotta nel bagno che è violenta e terrificante. Una violenza che fa paura quanto è reale.

venerdì 18 gennaio 2008

Restauro clandestino


Navigando su artsblog ho scoperto gli Untergunther, un collettivo di architetti, storici dell’arte e restauratori che hanno una particolarità: sono clandestini. Si definiscono esploratori urbani e s'introducono clandestinamente nei monumenti parigini per restaurarli o restaurare oggetti d'arte. Agiscono al di fuori della legge e infatti sono stati processati ma assolti con l'invito a non ripetere le loro azioni "criminali".

Il loro obiettivo sembra essere quello di restituire alla cultura parigina e francese oggetti e opere d'arte dimenticate. Hanno restaurato un orologio modello Wagner del 1850 e poi lo hanno restituito funzionante all'amministratore del Pantheon che li ha denunciati perché si sono introdotti nel Pantheon. Il gruppo è stato assolto.

Sono un gruppo clandestino che s'introduce dove l'accesso è per i soli addetti ai lavori, si muove di notte e si muovono in piccolo gruppi che cambiano ogni volta. Ci sono poche altre notizie su di loro. Ho trovato un articolo che parla di loro sulla Gazzetta del Mezzogiorno e molti blog li citano e ne parlano.

Ne ho voluto parlare anche io perché apprezzo queste cose. Mi piace l'arte e mi piace che venga preservata a prescindere da logiche politiche e di mercato. E' venerdì e non voglio pensare male quindi ben vengano queste azioni clandestine se portano qualcosa di buono alla società, sopratutto perché mi sembra che ce ne sia veramente bisogno.

mercoledì 16 gennaio 2008

Dexter


"Non puoi essere un killer e un eroe"

Ho finito ieri sera di vedere la prima stagione di Dexter, una serie tv che dopo un inizio abbastanza in sordina alla fine mi ha completamente rapito e affascinato. La serie è chiaramente confezionata in modo eccellente. Ottima fotografia, bravi gli interpreti. Ottima sceneggiatura. Dialoghi non banali, brillanti e ricchi di humour nero. Una serie assolutamente da vedere.
Il protagonista della serie è Dexter, un ematologo forense che è anche un serial killer che uccide per placare la sua pulsione da omicida. Lui ha il desiderio di uccidere ma cerca un modo per farlo a fin di bene. Non è un vendicatore, la sua psicologia è complessa. Una psicologia che è approfondita come raramente accade nelle serie tv. Un personaggio affascinante e controverso interpretato splendidamente da Michael C. Hall.

Dexter è intelligente e brillante e non riesci ad odiarlo. Lui uccide e lo fa seguendo un codice, è freddo e metodico. Un omicida educato ad incalanare la sua violenza. Dexter è privo di sentimenti ma cerca nonostante questo di costruirsi una maschera di normalità, non perché ne abbia bisogno ma per non destare sospetti, per vivere tranquillamente la quotidianità.

Il sangue è ovviamente il filo conduttore della serie. Il sangue è inteso non solo come fluido del corpo ma anche come legame. Nella prima stagione, infatti, si può individuare un tema ricorrente: il conflitto tra legame di sangue e legame affettivo. Il primo è ovviamente un legame di parentela, il secondo è inteso come un legame costruito con persone che non sono parenti. Il sangue è anche il filo conduttore dell'indagine che viene svolta durante tutta la prima stagione, che vede la ricerca di un serial killer che dissangua le sue vittime. Il sangue è quindi la traccia che permette a Dexter di trovare l'omicida ma è anche la traccia che gli permette di trovare se stesso.

La serie è tratta dal romanzo La mano sinistra di Dio di Jeff Lindsay. Un romanzo che ho aggiunto alla lista dei libri da leggere. Grazie al sito dexter.subsfactory.it dedicato alla serie ho scoperto delle interessanti note sul titolo originale del romanzo Darkly Dreaming Dexter. La parola dexter deriva infatti dal latino e significa “destro”. In inglese, il termine corrispondente è right che vuol dire anche giusto. In origine il romanzo di Darkly Dreaming Dexter doveva intitolarsi The Right Hand of God (La mano destra-giusta di Dio).

venerdì 11 gennaio 2008

Re-Vision: Miami Vice di Michael Mann

A Miami non c'è mai il sole. La notte è buia e piena di lampi ma la pioggia tarda ad arrivare. Miami Vice è un film cupo, malinconico e con poche vie di scampo. I protagonisti hanno scelto una strada nella vita e la percorrono fino in fondo. Forse hanno dei dubbi che però non creano in loro drammi esistenziali. Sono poliziotti, sono infiltrati è questa la loro vita e ne accettano tutte le conseguenze. Sanno fare il loro lavoro e servono solo pochi minuti al film per far capire di che pasta sono fatti i due poliziotti protagonisti. La sequenza d'apertura ci immerge subito nella storia, senza preamboli, siamo già nel bel mezzo dell'azione. Ci sono pochi giri di parole in questo film di Michael Mann, una storia che va dritta al punto e non si perde in inutili racconti.
Una delle cose che mi ha colpito del film è il rapporto tra i due protagonisti. C'è un'intesa perfetta tra loro ma non sono compiaciuti. S'intendono alla perfezione e non hanno bisogno di nulla per farlo capire. E' sufficente uno sguardo per capire dove andare e come agire. Non hanno dubbi sulle azioni dell'altro, qualsiasi esse siano. Il racconto del film ci fa capire che c'è un lungo trascorso tra i due ma non appesantisce la storia raccontandoci quanto sono legati, quante ne hanno passate insieme.
Miami Vice è un film d'azione. Un film d'azione di Michael Mann però è sempre sobrio, non esagera e ti tiene incollato alla storia. L'intreccio è godibile e la storia scorre liscia, tra il sole amaro del sudamerica e la luce cupa e malinconica di Miami. Un film notevole, decisamente. Duro e amaro. Cercherò di recuperare la serie tv per fare dei paragoni ma penso che da allora il mondo e l'estetica sono cambiati.

mercoledì 9 gennaio 2008

L'immaginario dal vero

Henri Cartier-Bresson è abile anche con le parole, riesce a descrivere con un linguaggio semplice, asciutto quello che ha vissuto, quello che ha fotografato, i suoi viaggi, le persone incontrate.
Le prime pagine de L'immaginario dal vero sono dedicate alla sua personale visione del fotografare, un atto che per lui sembra essere spontaneo senza troppi intellettualismi...fotografare è un grido, una liberazione. Non si tratta di affermare la propria originalità; è un modo di vivere. E lui l'ha vissuto in pieno anche se ha smesso presto di fotografare oppure ha cominciato troppo presto. Leggendo la sua biografia mi sono intimidito, quante cose in quanti pochi anni. E' stato anche un disegnatore. E' bellissimo quello che dice del disegno in confronto alla fotografia...La fotografia è un'azione immediata, il disegno una meditazione.
Poi i racconti di Mosca, della Cina, di Cuba. Ma la parte più bella sono i raccontu su Alberto Giacometti e André Breton. Il primo un vero amico, lo descrive con parole tenere e piene di stima. Lo considera uno degli uomini più intelligenti che ha conosciuto. Quando parla invece del Re Sole, così chiama Breton, c'è una sorta di soggezione. Ne parla come un bambino parla del suo maestro di scuola, un misto di ammirazione e distanza.
L'immaginario dal vero è un libro da leggere, da gustare, ho rallentato il suo tempo di lettura per non perderlo troppo presto. Guardare le foto di Cartier-Bresson a me personalmente da una pace immensa, sono sospese nel tempo. Sono così equilibrate e ricche di sentimento. Leggere le sue parole è come vedere le sue fotografie. E' stare in pace e in equilibrio. Cartier-Bresson ti permette di recuperare il contatto con l'immagine che sia scritta o visualizzata.