giovedì 18 ottobre 2007

28 settimane dopo: quando la suspense torna al cinema

Dai un'occhiata alla programmazione dei film e ti rendi conto che in fondo non c'è molto da vedere. Se poi cerchi intrattenimento al cinema la cerchia si restringe. Però hai deciso che vuoi andare al cinema e ti ritrovi in sala a vedere 28 settimane dopo, il sequel di 28 giorni dopo, il film horror-apocalittico di Danny Boyle (quello di Trainspotting per intenderci).
Dopotutto ti aspetti la solita storia ma quello che stupisce fin dai primi minuti del film è la regia. Il regista è il semi-esordiente Juan Carlos Fresnadillo che sotto l'ala protettrice di Danny Boyle (che ha girato i primi straordinari minuti del film) riesce a costruire un film con molto ritmo e avvincente. Dopotutto ci si aspetta questo da un film, che sappia raccontare con le immagini, con i movimenti di macchina e la scelta delle inquadrature una storia ma soprattutto che sappia trasmettere emozioni. In questo caso tutto funziona bene, sopratutto la tensione della storia e la costruzione della suspense. Hitchcock ha fondato una carriera sulla suspense ma sembra che al cinema nessuno sappia più cosa sia. Soprattutto nell'horror si gioca quasi sempre sull'effetto sorpresa (molto più semplice da ottenere) mentre a mio parere la suspense è essenziale per spaventare, per comunicare ansia nello spettatore. Quando c'è suspense ci si aspetta sempre che debba accadere qualcosa, ma non si sa come, quando e perchè. Nel film in questione, poi, la Londra deserta aiuta molto in questa operazione.
Certo la storia di 28 settimane dopo non potrà mai vincere il premio dell'originalità e alcuni passaggi del racconto sono un po' "tirati per i capelli" ma il film è godibile e ben fatto. Purtroppo di questi tempi è merce rara vedere film di puro intrattenimento che siano ben fatti. Le sale sono piene di brutte storie raccontate male, con soluzioni banali e senza un minimo di mestiere. Io non sono un esperto nè un tecnico del cinema ma a mio avviso quando un film è ben costruito si vede, perché riesci a godertelo fino in fondo, dimenticandoti del resto, anche dei buchi nella storia. La maggior parte delle volte, soprattutto nel cinema di genere, le storie originali non sono necessarie ma è necessario saperle raccontare con le immagini.

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